domenica 4 febbraio 2018

Al Teatro Comunale di Bologna, dove fino a poco tempo fa comandava Nicola Sani, non c'è posto per direttori d'orchestra italiani

Come abbiamo scritto in uno dei post precedenti, troppe stagioni musicali italiane, sia concertistiche che operistiche, si fanno ormai quasi esclusivamente con artisti stranieri. Ed abbiamo portato due esempi significativi, quelli dell'Accademia di Santa Cecilia e dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai che ha sede a Torino. Queste due, semplicemente perchè in anni passati ma non lontani, esaminando attentamente il programma delle due stagioni  abbiamo constatato con i nostri occhi che di direttori e solisti italiani neanche l'ombra.

 Qualcuno direbbe che si è trattato di un caso, ristretto a quelle due istituzioni e magari relativamente ad un anno particolare. Purtroppo non è così, perchè  anche le stagioni odierne - ma  non abbiamo fatto un controllo accurato - osservano la medesima regola: non passa l'italiano.

Qualche minuto fa, tanto per aggiungere un altro esempio ancora, abbiamo esaminato anche la stagione attuale del Teatro Comunale di Bologna che ora ha un nuovo sovrintendente,  Fulvio Macciardi, che probabilmente fa anche da direttore artistico - a meno che non affidi la gestione del cartellone direttamente a qualche agente, come del resto ha fatto il Rossini Opera Festival di Pesaro che si è messo nelle mani di  Ernesto Palacio, noto agente/cantante che poi è anche quello la cui agenzia rappresenta Michele Mariotti. La stagione presente del Comunale di Bologna deve averla allestita Nicola Sani, sia sinfonica che operistica, prima di mollare.

Anche nella stagione del Comunale di Bologna, sia operistica che sinfonica, tolti i concerti e le opere che il suo direttore musicale, cioè Michele Mariotti ha tenuto per sé, e tolto un titolo d'opera affidato a Matteo Pagliari - al debutto 'canonico' in Italia - di direttori italiani non v'è traccia nel cartellone.

Ben vengano gli stranieri in Italia, soprattutto poi se Europei, essendo ormai tutti cittadini del medesimo 'vecchio continente'; ma, nello stesso tempo, non ci può essere l'assenza totale di musicisti italiani in istituzioni musicali FINANZIATE CON SOLDI PUBBLICI.

Fra le altre nazioni del 'vecchio continente' non ve ne è una che fa altrettanto. Provate a dare uno sguardo ai cartelloni francesi o inglesi o tedeschi, per non dire irlandesi o spagnoli, scoprirete che  quasi tutte sono  fatte con artisti 'indigeni', lo spazio per gli stranieri è davvero limitatissimo.

 Noi non vogliamo che accada la stessa cosa in Italia, perché simo convinti che la circolazione anche dei musicisti sia utile, anzi utilissima, però visto che anche l'Italia ha bravi musicisti, impegnamoli anche nel nostro paese.

Se riflettiamo a quanto, attraverso il FUS lo Stato dà alle attività musicali in Italia, anche senza contare i contributi degli enti territoriali ecc... ci rendiamo conto che si tratta di una somma assasi consistente,  e perciò è davvero assurdo che  questo vada a finire in buona parte in tasche di  musicisti/cittadini stranieri e che agli italiani non siano riservate che poche briciole.

Tutte le volte che anche nel lontano passato abbiamo sollevato tale problema, ci è stato detto, in maniera troppo interessata da parte dei vari direttori artistici, che loro vogliono essere lasciati liberi nella programmazione, e che imponendo loro  l'obbligo di invitare anche musicisti italiani sarebbe una offesa ed una limitazione alla loro libertà. Loro la chiamano libertà, noi li chiameremmo TRAFFICI.

Chissà cosa si scoprirebbe se qualche attento osservatore vi ficcasse il naso.

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