giovedì 16 novembre 2017

Milano. Tutti pazzi per Salvatore Sciarrino? Alla Scala, sì

Da qualche giorno, in tutta Milano, si festeggiano i settantanni di Salvatore Sciarrino, sia attraverso il festival 'Milano Musicia' che gli è principalmente dedicato, ed è tuttora in svolgimento, che per il debutto alla Scala - che gliel'ha commissionata, in coppia con la Staatsoper di Berlino, della sua nuova opera: Ti vedo, ti sento, mi perdo. Aspettando Stradella, oltre naturalmente alla mostra che illustra anche visivamente  il suo ormai lungo percorso compositivo, che dura da quasi mezzo secolo.

Non crediamo però che una città italiana, come Milano e qualunque altra, si entusiasmi e partecipi coralmente a simili festeggiamenti,  come ci capitò di vedere a Salisburgo, un pò d'anni fa, quando all'interno del celebre festival , l'allora direttore artistico, Markus Hinterhauser,  di recente tornato alla guida dell'istituzione austriaca, gli dedicò una sezione monografica assai ricca che spaziava dalle opere per il teatro, alla musica vocale, sinfonica, cameristica a quella per strumento solista (pianoforte):  Kontinent Sciarrino.  Un festival nel festival, nel quale tutta la cittadina sembrò coinvolta,  come si poteva desumere dagli striscioni per le strade, oltre che sulle facciate dei luoghi deputati, dalle vetrine dei negozi che mostravano foto, partiture, copertine di dischi e poi anche dagli  incontri e dalla master class ecc.. per celebrare, facendolo meglio conoscere, il compositore italiano. Milano saprà fare altrettanto?

L'altra sera, alla prima della nuova opera di Salvatore Sciarrino alla Scala, ascoltata a Radio 3, in diretta, si sono potuti  ascoltare i lunghi applausi che hanno salutato la fine del primo atto ed anche la fine dell'opera. Così lunghi ed insistenti, da sorprendere il cronista radiofonico da Roma,  il quale si è sentito in obbligo a  giustificarli  con la tipologia di pubblico della serata: principalmente quello del festival contemporaneo 'Milano Musica' , abituato - voleva dire - ad 'autoflagellazioni' e  a salutare le stesse, alla fine, con applausi. Il cronista, insomma, non credendo alle sue orecchie - ma a nessuno interessava sapere cosa lui pensasse di quegli applausi - spiegava con un concentrato di idiozie la sua sorpresa.  Potremmo aggiungere che il cronista radiofonico romano era il giusto pendant di quello che commentava la serata dalla Scala, con sciatteria e pressapochismo.
Ma con tutti i critici che quella sera erano a Milano - dove si era consumata nel pomeriggio, una riunione plenaria della 'venerabile confraternita' dell'Associazione nazionale di categoria - Radio 3 non si poteva affidare a qualcun'altro in grado  di condurre  con competenza e senza approssimazione la diretta radiofonica dalla Scala?

Veniamo all'opera: Ti vedo, ti sento, mi perdo. In attesa di Stradella, che la Scala di Lissner (e Berlino in coproduzione) aveva commissionato al musicista qualche anno fa , ma che è andata in scena solo ora, sotto la sovrintendenza Pereira.  Lissner avrebbe voluto che il compositore la consegnasse in quattro e quattr'otto, mentre invece Sciarrino voleva pensarci e lavorare con i  tempi suoi e comunque con il tempo necessario e sufficiente per elaborare e realizzare un nuovo progetto che, da quel che si è ascoltato, sembra essere molto diverso da quelli suoi, anche recenti, destinati al palcoscenico (La nuova Euridice secondo Rilke, del 2015)

 Nel frattempo, oltre a formalizzare  il progetto della nuova opera,  Sciarrino ha voluto approfondire la conoscenza  di Stradella, della sua musica, verso la quale ha sviluppato un vero innamoramento.
Non l'ha affascinato tanto la figura del musicista, intorno alla quale, secondo le sue conoscenze,  c'è molta letteratura ed invenzione, al punto che - ha spiegato Sciarrino - non abbiamo neanche un suo ritratto, e che, se avesse avuto la vita movimentata che gli si suole attribuire, non avrebbe avuto materialmente il tempo di scrivere tutta quella musica meravigliosa, studiata con cura e attenta riflessione.

Per la stessa ragione, molti anni fa, cioè per la particolare qualità  e modernità della sua musica, Sciarrino, s'era appassionato ad un altro celebre, e dannato, musicista: Gesualdo da Venosa, al quale aveva dedicato una prima opera, la sua più fortunata, Luci mie traditrici; una seconda per la compagnia dei pupi di Cuticchio; ed alcune 'ricreazioni' di suoi celebri madrigali e perfino dell'unica sua musica strumentale. Sicuramente Sciarrino si augura di contribuire,  con la sua opera, ad una meritata e  approfondita conoscenza della grandezza di Stradella.

Sulla nuova opera, aleggia la figura 'assente' di Stradella, del quale, in un palazzo nobiliare dove sono riuniti una cantante, i musicisti e i signori con i loro servi, si attende per la necessaria prova, la nuova cantata, che arriva sì, ma alla fine dell'opera,  e della quale si fa in tempo ad ascoltare l'avvio mesto e struggente. Mentre, proprio all'inizio dell'opera, Sciarrino, con una sua ampia rivisitazione e ricreazione  di musica stradelliana,  ci ha fatto gustare la ricchezza, novità  e modernità della sua musica.

Delle  sue capacità 'ricreative' - non semplici rivisitazioni ed ancor meno trascrizioni o strumentazioni - come una volta ha spiegato in un lungo illuminante scritto - Sciarrino ha dato ormai infiniti saggi, ultimo,  fra quelli che abbiamo ascoltato,  Sposalizio, da Franz Liszt,  scritto per l'Orchestra  di Padova del suo interprete privilegiato, il direttore d'orchestra Marco Angius, e che Sciarrino ha illustrato in lungo e largo, nel corso delle lezioni di musica trasmesse da Rai 5, solo qualche mese fa. In questi giorni, a Milano, Sciarrino ed Angius hanno presentato i due CD Decca che ripercorrono, a grandi linee s'intende, la carriera compositiva del musicista.  I 2  CD Decca, che Angius ha registrato a capo della sua Orchestra padovana, vanno ad aggiungersi alla ottantina e passa già in circolazione e che costituisce ad oggi la ricchissima discografia di Sciarrino.

Sciarrino, invitato ad illustrare alla radio l'opera, durante l'intervallo della 'prima' scaligera, ha messo in risalto come la sua musica riveli un sapore 'arcaico' in quest' opera. Ed è quello che arriva all'orecchio dell'ascoltatore, abituato a ben altri sperimentalismi sonori dal musicista.  Con un effetto straniante, studiato e non casuale, che fa apparire Sciarrino l'antico e Stradella il moderno. Un ribaltamento di grande effetto.

Della complessa regia (Flimm) e ricchezza rappresentativa  dell'opera, come anche dei diversi piani in cui si articolava il palcoscenico scaligero; dei gruppi, dislocati  avanti e in fondo alla scena, e dei costumi ricchissimi e colorati, non possiamo dirvi nulla in prima persona, dovendoci attenere esclusivamente al racconto  ed  agli osanna, radiofonici, a differenza degli applausi di soddisfazione ed apprezzamento del pubblico del teatro che abbiamo ascoltato con le nostre orecchie.

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