domenica 24 settembre 2017

Per Di Maio un plebiscito di 30.000 voti. E Grillo, l'ex comico, fa lo sbruffone

La designazione di Di Maio, candidato premier per i Cinquestelle, doveva essere un bagno nella democrazia della rete. Ma più che un bagno, si è trattato di una vera e propria immersione, col rischio di annegare. Nientemeno che in 30.000 hanno votato la sua designazione a premier; e siccome ciascuno vale un voto, Grillo ha dato il suo che vale più di tutti e quanto valgono tutti insieme.

 A coloro che da tempo vanno dicendo ai Cinquestelle che è arrivata l'ora di crescere, di cambiare, anche in previsione - dio ci scampi e liberi - di un loro futuro governo del paese (nei governi 'locali' hanno già dato), Di Maio ha detto che il suo mandato non contempla il cambiamento dei Cinquestelle, ma del paese, dell'Italia che vuole ripulire come sta facendo la Raggi a Roma, dove ha cambiato il volto della città liberandola dai rifiuti dai topi, dai gabbiani ed anche dai cinghiali e che ora si appresta a liberarla anche da quella stronza di zanzara che sta colpendo i poveri cittadini. Tempo qualche settimana ed anche questo problema sarà risolto, come tutti gli altri.

E subito i biografi incaricati hanno licenziato in rete il curriculum 'vitae et studiorum' del candidato premier, professione giornalista  pubblicista, da quando aveva vent'anni. Il suo professore di filosofia fra i primi, attesta, dopo aver giurato sulla Costituzione che  che il 31enne Cinquestelle era un allievo modello, gli piaceva la filosofia, con una predilezione per Hegel - quello delle vacche, secondo Baricco - ed anche per i 'congiuntivi': non ne sbagliava uno! poi la storia dell'Università si è interrotta, ma come si può pretendere da uno che ha impegni politici come di Di Maio che si prepari anche agli esami? Lui si è laureato sul campo, con buona pace di De Luca, il governatore campano, che l'ha definito 'mezzapippa'.

Nel mentre Di Maio annunciava che prossimamente renderà nota la squadra di governo - ed oggi i giornali hanno già fatto i nomi di un direttorio - una sorta di consiglio della corona stellare - che dovrebbe affiancare la 'reggenza' del debuttante premier, Fico, non l'albero o il frutto, ma il presidente della Commissione di vigilanza Rai, pentastellato scontento, ha finto consenso al candidato premier, ma poi s'è dileguato per non farsi leggere in viso il dissenso più totale verso la linea di comportamento di Grillo e del suo 'rasputin', casaleggio jr.  Ma poi, incalzato dai giornalisti, ha detto chiaramente che alla carica di quasi segretario del partito, lui si candida, non intende  tirarsi indietro, e  non intende lasciarlo anche quello a Di Maio,   non come non avrebbe voluto ma è stato costretto a fare dalla ditta,  per la candidatura che ha incoronato, con plebiscito di 30.000 voti, Di Maio.

E Grillo? L'ex comico, dopo aver annunciato che dei 140.000 circa iscritti alla piattaforma e quindi idonei ad esprimere il loro voto,  la percentuale dei votanti era stata inferiore appena al 30% circa, dunque plebiscitaria per la rete dei Cinquestelle, s'è messo a fare lo sbruffone, come più volte ha fatto nei giorni scorsi ancora con i giornalisti, ai quali aveva detto che li avrebbe mangiati volentieri per poi vomitarli e ai quali, a Rimini, dopo la proclamazione del candidato Di Maio, ha distribuito bigliettoni - falsi, non quanto la democrazia del suo movimento.

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