venerdì 11 agosto 2017

Su il sipario. A Pesaro si può ricominciare - con la benedizione di Natalia Aspesi

Non c'è Pesaro senza la Aspesi - come non c'è ROF senza Mariotti e, fino all'anno scorso, non c'era inaugurazione senza grande festa/cena in giardino, nella villa di Rolando Tittarelli  - la quale, puntualmente, ogni anno, alla vigilia o all'indomani della serata inaugurale (come ha fatto tempestivamente quest'anno) ci racconta come è andata o come andrà, rende omaggio alla famiglia del vero proprietario del festival rossiniano e conclude facendoci  venire l'acquolina in bocca raccontandoci dei manicaretti che la sig.ra Tittarelli  ha preparato per quell'esercito di ospiti illustri che riceve in villa.

Quest'anno la Aspesi ha scelto un diverso percorso. Non una sola parola sui Mariotti, neanche sul patriarca Gianfranco; nulla sul figlio Michele che sta  lavorando a Salisburgo e che, secondo un giornalista che se ne intende ma della parrocchia dirimpettaia a quella della Aspesi, sarebbe il n. 1 dei direttori quarantenni italiani; e niente, neanche un profumo, della cena in villa, dei Tittarelli, perchè probabilmente non c'è stata a causa della scomparsa del patriarca, Rolando, l'aprile scorso. Avrebbe però potuto parlare, un accenno, della figliola del costruttore, Federica, nota nella Roma dei salotti bene per i suoi interessi musicali ed artistici, da poco entrata nel CdA della Fondazione del Festival.

 Nulla di tutto ciò che costituiva l'ossatura portante ed immancabile delle sue relazioni pesaresi.   Anche se qualcosa ci ha  infilato e rifilato qua e là: Roberto Abbado ha diretto il Rossini dell'Assedio  di Corinto - versione francese, in edizione critica - ha diretto con un solo braccio, l'altro l'aveva rotto, e con il ciuffo fattosi biondo  che  agitava  nell'aria; il direttore Rustioni, anch'egli a Pesaro, per La pietra del paragone, lui si che è veramente giovane; e  il regista costumista e scenografo Pier Luigi Pizzi, per la stessa opera diretta da Rustioni, alla sua verde età è tornato a mostrare al pubblico pesarese, dove è di casa, come si può attualizzare il racconto di un'opera senza strafare - come molti registi amano fare, ed a Pesaro ha fatto per l'opera diretta da Abbado, La Fura del Baus.

Nessun accenno al cambio di orchestra in buca - per anni ed anni l'Orchestra del Comunale di Bologna, dove da meno anni è direttore musicale Michele Mariotti, ed ora l'Orchestra della Rai, per ragioni squisitamente economiche: il Comunale, in grave crisi finanziaria, non poteva 'rimetterci' con la trasferta pesarese, la Rai invece sì! - come anche al cambio alla direzione artistica, un tempo affidata ad un direttore con meriti rossininani, Zedda defunto, ed ora nelle mani di un ex tenore, Ernesto Palacio, titolare di una agenzia di rappresentanza artistica, In Art, che rappresenta, da prima di sbarcare a Pesaro, anche Michele Mariotti.
 E neanche una parola sulle celebrazioni rossiniane dell'anno prossimo, al cadere dei 150 dalla morte del musicista. Forse alla consegna del silenzio, data a tutti i commentatori, in attesa dell'annuncio ufficiale, si è attenuta anche la Aspesi.


Quest'anno la Aspesi ha scelto di  tirar sassi contro i registi che vogliono ad ogni costo attualizzare le opere, stravolgendone storie ed ambientazioni, come appunto ha fatto La Fura dels Baus e non hanno fatto, assai lodevolmente, sia Mario Martone per Torvaldo e Dorliska, che Pizzi per  il terzo titolo. Perchè per colpa di quei dissacratori di professione, il povero spettatore deve sciogliere ogni volta un dilemma, recandosi a teatro: chiudere gli occhi ed ascoltare la musica, o tapparsi le orecchie e prestare attenzione alle stranezze del palcoscenico. Perchè non si ppssono avere ambedue le cose, lamenta la Aspesi: vedere uno spettacolo ben fatto e coerente e immergersi nel fiume di musica che Rossini, anche  molto giovane, fa scorrere abbondante?



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