domenica 11 giugno 2017

Il pericolo n.1 della serie 'L'opera italiana' di Maite Carpio Bulgari è la NOIA

Abbiamo finalmente visto una puntata delle venti nelle quali si articola  'L'opera italiana' una serie di Maite Carpio, prodotta dalla sua casa di produzione 'Anthos Produzioni srl' in collaborazione con Rai Cultura, in vendita nelle edicole e trasmessa, da aprile, su Rai 5. Quella dedicata alla Lucia di Lammermoor di Donizetti.

L'idea e la serie sono frutto del sacco di Maite Carpio Bulgari che già altre volte si è dedicata alla musica ( Giuseppe Verdi, Tony Pappano) pur essendo per formazione e frequentazione totalmente estranea a tale mondo ( e non è facile nasconderlo!) salvo che per la frequentazione del maestro Pappano, per  assolvere a doveri familiari, avendo suo marito Paolo e il di lui fratello Nicola dato all'Accademia di santa Cecilia - in verità all'Accademia, ma  in ragione della presenza di Pappano cui li lega una bella amicizia - un congruo contributo ( 1.200.000 Euro in un triennio) che ha dato diritto a Nicola Bulgari anche di sedere nel CDA dell'Accademia.

 La grande novità della serie è la presenza di Elio, il sopraccigliato animatore dell'omonimo complesso 'delle Storie tese', il quale all'inizio di ogni puntata, come ha fatto naturalmente anche in quella che ci è capitato di vedere, si presenta al pubblico per avviare la narrazione, a suo modo. E questo nelle intenzioni dell'ideatrice della serie, dovrebbe già di per sè, raccogliere davanti allo schermo televisivo folle di spettatori, soprattutto nuovi, soprattutto giovani, attratti da quel loro noiosissimo idolo. Il che, se pure accadesse,  durerebbe solo pochi minuti;  perchè quelle stesse folle, appena possibile, per  non apparire subito sgarbati verso Elio, rinunciando senza pentimenti alla grande novità della serie, tornerebbero alle loro più coinvolgenti occupazioni.

Chi ha pensato la serie ha creduto di mettere insieme il gotha della musicologia, del canto, e della scrittura televisiva, scritturando un comitato scientifico (Gabriele Dotto, Ilaria Narici, Paolo Fabbri): tanto di cappello, ma inutile se non per qualche entratura e disponibilità di materiali (  Archivio Ricordi); uno sceneggiatore, Luca Barreca ( poi ci diranno  dove nella sceneggiatura si legge la sua firma e per quale specifica competenza sia stato cooptato nell'impresa), che si è avvalso, per la scrittura dei testi,  banalisima, della collaborazione di Rocco Tanica ( che gode di grandi entrature a Rai Cultura, evidentemente, dopo essere uscito dalle 'Storie Tese').

Alla puntata hanno partecipato numerosi cantanti( Meli, Rancatore, Pirgu,Cassi, Pertusi) che hanno illustrato i vari ruoli vocali e personaggi dell'opera, e il musicologo Giancarlo Landini che, 'seduto' in tutti i sensi, e coadiuvato dalla voce fuori campo, lagnosa, di Daniela Abbruzzese, ha raccontato la storia della composizione, dell'esordio della Lucia e delle sue caratteristiche  nella storia dell'opera italiana.

Indimenticabili, oltre i folti sopraccigli, gli interventi di Elio: " Donizetti è l'unico musicista capace di scrivere un intero libretto da solo. Ma quando lavora con  un librettista lo vuole sempre accanto, perchè lui deve poter intervenire quando vuole, insomma anche in questo caso Donizetti è come un secondo librettista. In poche parole. un cantautore del Romanticismo". Non ci avevamo mai pensato.
 E, a chiusura di puntata, dopo aver letto una breve relazione dello stesso Donizetti sul successo parigino della sua Lucie, ha salutato  ricordando che Donizetti "terminata un'opera, dopo il suo debutto in palcoscenico, pensa subito alla successiva, ad una nuova opera". Il perché  lui non ce lo ha spiegato, nè noi glielo avremmo chiesto, per la gioia di essere giunti 'non senza fatica' alla fine.

 Cosa manca  a questa breve antologia dell'Opera italiana, di cui abbiamo visto ed ascoltato solo un titolo? Manca la cosa più importante: la musica, perché l'opera, più della storia e del libretto è la musica. La storia  narrata da Walter Scott, come tante altre, è una delle tante storie della letteratura; in molti casi, esse seguono uno schema  quasi fisso, alcune, invece, risultano addirittura improbabili se non astruse. Ma ciò che le rende uniche è la musica, senza la quale forse  anche storie forti come quelle di Violetta o di Don Giovanni , non sarebbero mai diventate capolavori continuamente rappresentati e continuamente amati, anche a distanza di secoli, e le avremmo dimenticate.

Nella serie di Maite Carpio Bulgari manca la musica, manca cioè la ragione per cui si racconta la storia dell'Opera italiana; ascoltandosene solo brevi frammenti, della durata complessiva non superiore ad una decina di minuti dei 50 circa che dura la puntata, manca ciò che ha reso quelle storie memorabili, immortali: la musica di Verdi come di Donizetti, di Bellini o Rossini.

Alla prossima occasione, sia Maite Carpio Bulgari  che Rai Cultura, quando vorranno tornare ad interessarsi dell'Opera Italiana, risparmino fatica e soldi; richiedano alle Teche, per ritrasmetterle, magari non tutte, le sessanta puntate di 'All'Opera!', basterebbero alcune per capire come si costruisce un racconto dell'opera senza sacrificare la storia ( magnificamente  e più bellamente raccontata da Antonio Lubrano), ma mettendo in primo piano la musica, vero motore del melodramma  di ogni tempo e non solo italiano.


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