domenica 5 marzo 2017

Papa Francesco, perché non dice una parola chiara anche sulla musica nella liturgia?

A 50 anni dalla dichiarazione del Vaticano II, sulla musica sacra e liturgica, Musicam Sacram, PAPA BERGOGLIO interviene sull'argomento.

Si è svolto a Roma, nei giorni scorsi, un convegno, organizzato dal card. Ravasi, cinquant'anni dopo la dichiarazione del Vaticano II, Musicam Sacram, che diede l'avvio alla riforma liturgica, musica compresa, ed insieme ad una vera e propria 'anarchia', da parte del clero e dei fedeli, in nome di una maggiore comprensione e partecipazione dei fedeli al rito.

Chi cinquant'anni fa seguì quelle vicende, sa bene quali strappi si ebbero all'interno della commissione voluta dal pontefice per 'riordinare' la liturgia e preparare il documento finale avallato dai padri conciliari. Bugnini, vescovo e poi nunzio in Iran dove finì in circostanze misteriose, massone a detta di tutti,  che la presiedeva, fu il vero padre della cosiddetta riforma liturgica conciliare; della Commissione faceva parte anche una nostra conoscenza, P. Jean Claire di Solesmes, gregorianista di fama mondiale e nostro carissimo amico. In quei mesi, a seguito della varie sessioni plenarie, della commissione, p. Claire – che ci inviò una foto della commissione per indicarci quale volto avesse quel 'diavolo' con la tonaca' , Bugnini appunto, non  mancò più volte di lamentarsi della sua opera di distruzione, rivolta anche al canto gregoriano. A mala pena, forse per miracolo, da quella commissione uscì un prezioso libro di gregoriano il 'Kyriale simplex', accreditato dalla riforma liturgica 'di Bugnini' in nome della sua 'semplicità' che, per fortuna, recuperò una bella fetta del repertorio gregoriano più antico, riservato soprattutto all'assemblea dei fedeli.
Per il resto, lingue nazionali, nella celebrazione della messa, e canti ' come piace'. Cioè di ogni genere, il più delle volte brutti, con testi inappropriati, quando non banali traduzioni dall'originale latino malamente applicato, a melodie sillabiche gregoriane. Un bel pasticcio. Ci fu chi reagì ignorando la riforma conciliare anche negli aspetti che, teologicamente, avevano qualche fondamento. Il risultato complessivo fu una 'babele' di lingue e di musiche, queste ultime accompagnate da qualunque strumento venisse in mente a chiunque di far entrare nella liturgia. Due soli esempi: la Messa 'beat', o la Misa 'criolla', fra i più originali.

Molti, giustamente si chiesero dove fosse finito il grande patrimonio liturgico della Chiesa cattolica, e quello musicale in particolare, che nei primi tempi venne addirittura bandito. Miglior sorte toccò alle testimonianza pittoriche del passato, forse per la difficoltà di staccarle dai muri o perchè non si aveva nient'altro con cui sostituirle o coprirle. Ma forse nel caso dell'arte visiva esisteva una sensibilità laica, mutuata dalla chiesa, che non avrebbe permesso uno scempio simile a quello perpetrato nei confronti della musica.

Con il passare degli anni le cose non sono migliorate. Si è notata solo una contrapposizione fra liturgia con ogni sorta di abusi e liturgia all'antica. Ambedue tollerate dalla chiesa ufficiale e dai papi, i quali – stando agli ultimi - non è che avessero una sensibilità spiccata nei confronti della musica. 

Penderecki, che conosceva molto bene l'allora arcivescovo di Cracovia divenuto poi Giovanni Paolo II, ci confidava che le predilezioni in fatto di musica del futuro papa non andavano oltre i cori e canti di montagna. Alcune sue decisioni ( nel caso di padre Baroffio o di Mons Bartolucci) l'hanno poi confermato.

Diverso sarebbe il discorso su Benedetto XVI, qualora la sua passione per la musica, compagna di vita assieme alla preghiera ed alla riflessione teologica, non si fosse fermata a semplici dichiarazioni di principio sulla bellezza e sull'arte, incarnazioni della Verità, Dio.

Papa Bergoglio, certamente angosciato da ben altri pensieri, specie in questi ultimi anni, aveva cominciato il pontificato con una mossa sbagliata, quando si rifiutò di partecipare, nell'Aula PaoloVI, al concerto dell'Orchestra sinfonica della Rai che eseguiva la Sinfonia n. 9 di Beethoven. Non si trattava certamente di celebrazione liturgica ma la diceva lunga sugli effettivi interessi del Papa nei confronti della musica, da tutti misurati pari a zero.
Lui si fece giustificare con la visita ad un prelato ammalato in ospedale, ma poi spiegò, con più verità, che lui dei concerti non voleva saperne, perché lui non era un principe, come quelli per i quali i compositori nella storia avevano scritto grandi capolavori. Insomma lui non aveva tempo per simili 'passatempi', mentre lo avrebbe trovato, il tempo necessario - oltre un'ora - per incontrare squadre di calciatori ed altre cose.

Ora, a chiusura del convegno romano, al quale hanno partecipato anche due compositori dalla carriera illustre, assolutamente estranei e forse anche disinteressati all'argomento, come Giorgio Battistelli ( che aveva già partecipato ad un convegno di tema analogo, organizzato dalla Sagra Musicale Umbra, a Perugia, qualche anno fa, e presieduto dal card. Ravasi) e Michele Dall'Ongaro, sovrintendente di S. Cecilia, semplicemente per i loro attuali incarichi, ricevendo i convegnisti è tornato sull'argomento.

Il Papa che ha detto, questo ci interessa. Le sue dichiarazioni assomigliano a quel che fanno i portatori di statue durante le processioni in alcune parti del nostro paese: si muovono facendo due passi avanti ed uno indietro, restando quasi sempre allo stesso punto o muovendosi come una tartaruga azzoppata. Per dirla con espressione più banale: una botta al cerchio ed uno alla botte, per lasciare le cose come stanno.

Papa Bergoglio invita tutti alla moderazione, a non uscire dal seminato, evitando “ mediocrità, superficialità e banalità, ' a scapito della bellezza e intensità delle celebrazioni liturgiche'; consiglia al clero di prepararsi anche musicalmente, onde guidare le scelte delle loro celebrazioni liturgiche, ' puntando anche sulla formazione estetica e musicale sia del clero e dei religiosi sia dei laici impegnati nella vita pastorale', avendo di mira anche ' l'incontro con la modernità', perché ' l'introduzione delle lingue parlate nella liturgia ha sollecitato tanti problemi di linguaggi, di forme e di generi musicali', però poi subito dopo aggiunge che occorre ' salvaguardare e valorizzare il ricco e multiforme patrimonio ereditato dal passato, utilizzandolo con equilibrio nel presente, ed evitando il rischio di una visione nostalgica o archeologica'. Punto e a capo. Due passi avanti ed uno indietro, per lasciare tutto come prima, fermandosi ai discorsi ed alle dichiarazioni di principio.


Ah, se papa Francesco mostrasse anche in questo campo, marginale ma non tanto nella sua pastorale, un briciolo di quella determinazione che mette continuamente in molti altri campi della sua difficile azione a capo della Chiesa!

Nessun commento:

Posta un commento