sabato 3 dicembre 2016

Nuovi librettisti usciti dalla scuola Holden di Torino che, sulla musica, hanno idee 'avanguardistiche'

Il panorama dei librettisti  italiani per il teatro d'opera - per quel che ne resta - si è enormemente allargato  in questi ultimi anni ed anche diversificato. Allargato, perché, nonostante i proclami, l'opera continua a vivere e ad avere cultori; diversificato, perché  l'opera si è trasformata in 'teatro musicale' lasciando a musicisti e librettisti la libertà di farne ciò che vogliono, fino a trasformare il vecchio melodramma, dato per morto o in disuso da molti anni, nonostante la sua vitalità, nel 'melologo' - che è poi il genere che oggi va per la maggiore. E che consiste in un pezzo di musica, alla maniera di una colonna sonora, o, nel migliore dei casi, del 'poema sinfonico', o più in generale della 'musica a programma' con l'aggiunta di un testo, non più sottinteso, ma dichiarato apertamente e fatto ascoltare (come nella tradizione del melologo) durante l'esecuzione del brano musicale, magari con la stessa suadente voce dell'autore, naturalmente impostata e che costituisce, nelle intenzioni di chi quel brano ha commissionato, un valore aggiunto.
 E' la conversione più  ricorrente fra le fila dei librettisti, o sedicenti tali, fra i quali sono da considerare anche le matricole. E così, oggi, il panorama del 'teatro musicale' si presenta suddiviso in tre categorie:
- la prima è data dai musicisti-librettisti che non vogliono al loro fianco nessun altro, moderni Wagner, penando essi stessi oltre che alla musica anche al libretto (o ciò che del libretto ne resta) magari attingendo ai classici del teatro o della letteratura; Salvatore Sciarrino, il musicista più noto ed attivo nel teatro, è rappresentativo di tale categoria; mentre, invece, Battistelli ed anche Tutino, seppure in misura minore, vampirizzano titoli e situazioni da celebri film, dei quali sperano di bissare anche il successo in palcoscenico.
- la seconda, dagli autori di romanzi o libri che  collaborano, in vario modo, a fianco o a distanza, con i musicisti a trarre dalla loro opera un libretto - qualche volta questo lavoro lo fanno in coppia( Saramago con Corghi) oppure concedendo l'approvazione al neonato libretto, tratto dal loro romanzo ( ad esempio, Oz per Vacchi);
-la terza , da coloro che si servono di librettisti veri e propri che per il loro 'musico' approntano un libretto, quale che sia, dalla vecchia maniera con  versi in rima e pezzi chiusi, alla nuova forma, più in voga della precedente, che è quella della scelta di un testo,  anche non in versi, ma ricco di suggestioni ed allusioni.
E, poi,  ci sono gli autori di testi o di drammaturgie da utilizzare come filone narrativo, che è - come abbiamo detto - la modalità più in voga, che forse rendono di più e più immediatamente.

Nel variegato panorama dei librettisti di oggi, vanno segnalati Giuliano Compagno, a suo tempo anche collaboratore dell'assessore  Croppi per il teatro, che fa coppia quasi fissa con Vittorio Montalti, al quale ha già fornito, a breve distanza, due libretti ( uno dei quali ha vinto il concorso di composizione dell'Opera di Roma, Un romano a Marte, che dovrebbe essere rappresentato  l'anno prossimo;l'altro, Ehi Giò,dedicato a Rossini- che abbiamo letto - con le classiche forme chiuse, corrisposte dalla musica; Marcoaldi che ha lavorato con Battistelli e Vacchi - teatro musicale e melologo (Sconcerto, con Toni Servillo, per Battistelli; Teneke ed altro per Vacchi); spesso si ricorre ad un attore di grido per  animare il lavoro musicale); un altro giornalista, come Bianchin con Cerantola (per Aquagranda di Perocco, che ha inaugurato la stagione alla Fenice).

Mentre sembra in ribasso il Cappelletto librettista, definitivamente votato a creare drammaturgie, cogliendo occasioni di anniversari (Aldo Moro, magari per usufruire di contributi ministeriali) e personaggi vari (Chopin, Schubert); lavoro avviato con Farinelli, in coppia con l'amico Barbieri,: la  produzione di quest'ultimo, in campo drammaturgico,  è a getto continuo,  con la specializzazione in episodi e  fatti tragici, dal terremoto, al primo disastro nucleare, agli annegati del Mediterraneo, fino alle donne digiunatrici per Lucia Ronchetti, per la quale ha collezionato un testo, frutto di ricerche di altri, fra cronaca, pensieri, relazioni anatomopatologiche.

Ci sono naturalmente  anche librettisti che si sono ritirati dall'agone, come Giuseppe di Leva, un tempo molto attivo, librettista anche del notissimo e fortunato Pollicino di Henze; ed altri che solo di recente si sono affacciati nel panorama del teatro musicale. Fra loro Baricco, librettista suo malgrado - ha fatto tutto Peter Eotvos - ha precisato - traendo un libretto dal mio romanzo Senza sangue; ma anche Mattioli, giornalista della Stampa e loggionista dichiarato - della medesima scuola 'torinese' del noto scrittore, che per  il Teatro Coccia di Novara, in due anni ha scritto due libretti, prima per Sciortino ed ora per Taralli, dal titolo La rivale, in scena proprio questi giorni.
En passant, serve notare che alcune coppie di librettisti e musicisti sono legate  a particolari istituzioni musicali (associazioni, festival, o teatri, per i quali lavorano in condizioni di quasi stabilità o monopolio, chissà perchè).

Abbiamo parlato di scuola 'torinese', perché nella coppia appena citata di librettisti, e cioè Baricco e Mattioli  serpeggiano le medesime convinzioni sulla musica di oggi che essi considerano agonizzante,  quasi sul punto di spirare, e perciò Mattioli, ad esempio, va a cercarsi musicisti che 'praticano una musica contemporanea non punitiva'; e Baricco se ne lava le mani, lasciando fare al compositore, il cui lavoro  egli riconduce alla musica di Bartok ( ancora accettabile?);  ed ambedue attribuiscono alla musica il ruolo principale nel teatro musicale.  Ammette Mattioli: 'le opere sono di chi scrive la musica, non le parole'.
Ma anche le parole contano, perchè come dicevano gli antichi, un brutto libretto (o testo) difficilmente ispira musica bella.

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