sabato 1 ottobre 2016

Renzi-Zagrebelsky. Pari

A giudicare l'incontro/scontro di ieri sera fra Renzi e Zagrebelsky arbitrato da Mentana, sugli schermi de La 7, con gli stessi criteri con cui la stampa ha giudicato  lo scontro americano televisivo fra Trump, l'impresentabile e Clinton, l'antipatica, si dovrebbe concludere che non ci è stato nè vincitore nè vinto, e che tutti e due si sono difesi, ognuno con le proprie ragioni, senza riuscire a  tirarsi dalla propria parte nessuno dello schieramento opposto.

Sebbene il grande costituzionalista abbia dichiarato alla vigilia che  non si sentiva  a suo agio  davanti ad una telecamera, il suo compito di professore, competente e sicuro delle sue idee, l'ha svolto egregiamente.
E al presidente Renzi,  dei due il più svantaggiato, di fronte a chi voleva a tutti i costi fargli un esame di diritto costituzionale, e quindi di considerarlo alla stregua di uno studente in attesa di ricevere la votazione d'esame, gli va dato atto che s'è difeso abbastanza bene, nonostante qualche momento di nervosismo che avrebbe fatto bene a dominare.

In sostanza Zagrebelsky ha sostenuto la tesi che sebbene la riforma fosse anche necessaria, di una riforma pasticciata come ha giudicato quella di Renzi, non c'era proprio bisogno. Si elimina il CNEL, si ridisegnano le competenze delle Regioni e dello Stato centrale, si riducono i costi della politica,  si elimina il Senato, la cosiddetta 'seconda' Camera, in parte bene... ma  la nuova assise creerà più problemi di quanti avrebbe voluto risolverne.
 Ed ha anche aggiunto che il modo in cui  Renzi esponeva le novità della riforma - soprattutto con quel 'si sa subito chi vince' lo preoccupa, più che per Renzi stesso, per ciò che potrebbe accadere in futuro, in un paese non più bipolare per le forze politiche in campo, bensì tripolare, e con il ballottaggio che potrebbe, attraverso il premio di maggioranza, consegnare Paese e Parlamento ad una forza politica non maggioritaria, e potrebbe anche darsi che in futuro - disgraziatamente- a governarci, non sia Salvemini, ma uno che per il cognome gli somiglia molto, Solo per il cognome.

Anche Zegrebelsky, in qualche momento, ha tirato fuori qualche ruggine nata per il comportamento della ministra Boschi, quando ha ricordato di essere stato richiesto di un parere costituzionale sulla riforma e di averlo, una volta ricevuto, gettato nel cestino della cartaccia. E qualche spettatore ha anche pensato che alla base di alcune sue critiche ci fosse proprio questa ruggine con la ministra, più volte citata.
 Renzi ha ribadito sempre che la riforma è attesa dal paese da molti anni e che non può essere ancora una volta affossata dalle discussioni infinite del Parlamento, anche questa volta che il testo è stato discusso e ridiscusso votato e rivotato.

Alla fine quell'incontro-scontro che doveva risolversi in una sconfitta del Premier bacchettato dal celebre professore s'è concluso con un pari delle forze in campo.
 Nessuno dei due è riuscito a convincere pienamente, o meglio ambedue hanno convinto su singoli aspetti della riforma, nessuno decisivo e dirimente. E il pubblico, il Paese, resta diviso fra chi vuole la riforma, anche se non perfetta perchè il Paese deve rinnovarsi, e chi invece pensa sia meglio lasciare le cose come stanno per non peggiorarle.
Ma quest'ultima affermazione si va facendo da anni, mentre contemporaneamente si dice che le cose vanno assolutamente cambiate perchè così non si va avanti.

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