lunedì 17 ottobre 2016

Le inchieste di una rivista di musica i cui risultati si sciolgono come neve al sole

Una rivista di musica  con CD -  prendere nota del particolare assai rilevante  ai fini delle vendite in edicola, ammesso che siano  accettabili - si è specializzata in inchieste che hanno solitamente dell'inverosimile ma che rivelano al mondo cose mai udite. Ad esempio che la più grande cantante del secolo è stata Maria Callas, che l'Orchestra di Santa Cecilia è diventata con l'arrivo Pappano la migliore del mondo, e che  fra i registi attivi nel campo del melodramma, il più grande è stato Strehler - e questa rivelazione, frutto dell'ultima inchiesta, è fresca fresca.

Alcuni mesi fa, la rivista fece una indagine sull'Art Bonus, sulla legge cioè che consente  di detrarre dalle proprie trasse un discreta percentuale su donazioni fatte al settore della cultura.  Emerse che il melodramma, ed i teatri, erano stati i soggetti più beneficiati da tale legge (non ricordiamo relativamente a quale anno, forse il 2014 o 2015) ma il risultato, secondo la rivista, era assai interessante (lo era anche per la rivista che, per  le sue vendite, poteva sperare in un futuro migliore) perchè rivelava che l'amore per il melodramma in Italia non si era ancora sopito del tutto, anzi  sembrava in buona salute,  addirittura in crescita.

Raccontava l'inchiesta che in  cima ai soggetti che avevano ricevuto donazioni c'erano la Scala - ovvio, il teatro che fa comunque gola  al salotto buono e ricco della nostra nazione - e poi l'Arena di Verona, la disastrata e dissanguata Arena.
 Poi si viene a scoprire relativamente all'Arena che il dato offerto dalla rivista non era stato letto come si doveva, perché all'Arena era arrivata una somma considerevole, ben 14 milioni di Euro, IVA compresa (detratta la quale diventano 11) da due fondazioni bancarie ( Unicredit e Cariverona) destinata al restauro dell'Anfiteatro che ovviamente non se la passa tanto bene.
Dunque quei fondi arrivavano all'Arena per la stessa finalità  con cui Della Valle ha finanziato il Colosseo. Non perché gli piacciano i giochi dei gladiatori che vuole ripristinare su suggerimento del folle Franceschini, ma semplicemente per legare il suo nome al monumento più famoso al mondo, come le due fondazioni bancarie, relativamente al teatro più grande esistente; dunque nulla che possa far pensare all'amore per l'opera da parte delle fondazioni bancarie.
 Ma questa precisazione non s'è avuta dalla rivista, per non dover aggiustare il tiro di quella inchiesta come di tante altre.
 Dobbiamo solo aggiungere, per amore di verità, che quei soldi non sono stati ancora utilizzati perchè - come succede in Italia troppo spesso - i lavori non sono ancora iniziati, forse anche perchè il monumento viene sfruttato più del dovuto, oltre che dal melodramma, in estate, anche in autunno ed inverno per sfilate di moda e giochi sul ghiaccio.
 E forse potrebbe anche accadere - come sta per accadere a Roma per il mausoleo di Augusto, i cui lavori di restauro sono stati finanziati da Telecom ma non sono ancora iniziati- che le fondazioni bancarie - come  ha minacciato già Telecom se i lavori non dovessero partire entro questo ottobre - rivogliano i soldi già stanziati, per denunciare le lungaggini burocratiche che  bloccano anche progetti finanziati da privati.

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