martedì 6 settembre 2016

Nella musica il disco detta legge. Di nuovo, dopo anni di mercato piattissimo

Nonostante oggi i segni di vita  del mercato discografico provengano prevalentemente dagli acquisti in rete, senza il supporto fisico, materiale del dischetto di plastica lucente, un qualche movimento anche nel mercato discografico tradizionale sembra registrarsi.
E, benchè vanti ancora sbalzi positivi decimali, un pò come la crescita 'infelice' dell'economia, i discografici e quelli che discografici  si improvvisano per l'edicola - vedi i grandi giornali che , in realtà, non hanno mai smesso di vendere dischi in edicola, profittando attraverso lo stratagemma della 'pubblicazione con CD', mentre trattasi di prodotto discografico con cartoncino o libretto annesso -  vogliono approfittare del momento, nella speranza che un futuro migliore finalmente  ritorni. Illusione!

Quale sorpresa, aprendo oggi il Corriere, e l'altro ieri l'ultimo numero de L'Espresso, nel vedere tante pagine dedicata alla musica. In particolare, nel 'Corriere' ben due pagine monotematiche, e poi ancora una terza con l'intervista-presentazione di una giovane direttrice lituana, che già due anni fa ha debuttato alla corte dell'ex giovane prodigio riccioluto Dudamel, a Los Angeles, e che oggi, a 29 anni, assume la carica di direttore musicale della Orchestra di Birmingham che  ha 'dato i natali'  anche a Rattle. Ma quelle che maggiormente  colpiscono su Corriere, sono le due pagine dedicata ad una iniziativa commerciale nel settore del disco d'opera avviata dal quotidiano.
Per 25 settimane, ogni settimana  in vendita in edicola un titolo d'opera registrato nei grandi teatri  a cominciare dalla Scala, fino al Metropolitan, al Coven Garden, e financo Parma - che definire  un grande palcoscenico, alla stregua degli altri, suona quasi come un insulto. Manca però , ad esempio, Roma (  e tutti gli anni di Muti?  forse il direttore non ha concesso i diritti, visto che di recente, e  da solo, era passato in una precedente simile  iniziativa in edicola)
 I cantanti - inutile sottolinearlo  - ci sono tutti, c'è perfino l'inossidabile Pavarotti, morto ormai da tanti anni, ed anche Domingo vivisimo, ma rigeneratosi baritono. Anche  sui direttori si potrebbe fare il discorso dei teatri, e pure sui registi.

Il diligente critico chiamato a spingere il prodotto della propria azienda, attraverso le sue ben affilate armi dialettiche, giustifica l'ennesima uscita  in edicola di prodotti ormai fatti e strafatti, con la curiosità di vedere come nel teatro d'opera succeda di tutto: entrando in un teatro,  per riascoltare un titolo popolare, non puoi mai sapere cosa ti attende - scrive il critico.

Il quale si spinge anche oltre, immaginando qualche possibile, seppur debole obiezione. Perchè accettiamo volentieri che i cantanti come i direttori propongano ogni volta esecuzioni diverse, e non dobbiamo accettare che anche lo spettacolo, la regia di esso, proponga qualcosa di nuovo?  Giusta risposta, ma ambientare una storia in un contesto  lontanissimo da quello nel quale è stata immaginata dal compositore e librettista ed ambientata,e quindi stravolgendola per attualizzarla (ma è così necessario? il pubblico va all'opera per la regia o per la musica? e non può bellamente fottersene della storia?) non non è la medesima cosa che cantare  o far suonare l'orchestra secondo criteri stilistici diversi dal passato, che si presume sempre più aggiornati, ma sempre più attinenti e rispettosi del dettato musicale dell'autore.

Non si può paragonare l'evoluzione stilistica del canto e della interpretazione musicale  con la regia d'opera contemporanea che oggi tende quasi sempre - le eccezioni sono rarissime - a monopolizzare l'attenzione e le proteste del pubblico dei teatri, ed ancor più quella dei critici dei giornali i quali, se non v'è uno spettacolo spiazzante, reputano quasi inutile andare ad ascoltare l'ennesima Traviata (vedi la delusione della Traviata romana della Coppola, che ha immaginato quasi un 'non regia', che non ha soddisfatto i critici). Non saprebbero cosa scrivere se non hanno da raccontare l'invenzione registica.

Per tornare al mercato discografico, passando a L'Espresso, sottolineiamo appena che i due servizi presenti nell'ultimo numero, il primo dei quali dedicato a Lang Lang  ed il secondo ad un violinista 'eccentrico', servivano a segnalare l'uscita di due CD.
E' così. A questa stessa logica, negli ultimi anni di vita, s'era  dovuto sottoporre perfino il riottoso  Benedetti Michelangeli 'costretto' dalla sua casa discografica a presentarsi in conferenza stampa ad Amburgo per promuovere un suo disco in uscita. Ed era la prima volta che ciò accadeva ad un musicista le cui interviste si contano sulle dita di una mano, comprendendovi anche quelle finte, costruite su ritagli e frattaglie precedenti.

Lontano da una uscita discografica si provi chiunque a domandare una intervista ad una star, riceverà una pernacchia nella peggiore e più incivile delle risposte ( ma capita anche questo!), e, nella migliore, un idiota 'no grazie', 'alla prossima'. Sì  'al prossimo'. Disco.

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