domenica 28 agosto 2016

Il Festival MiTo cambia timonieri. Ma anche rotta?

Fra qualche giorno il festival che da una decina d'anni unisce idealmente Torino e Milano - nato  dalle ceneri di Settembre Musica e gestito da Micheli/ Restagno/Colombo ( curiosamente il Corriere di oggi, nella presentazione, a pagamento, dimentica di fare il nome di Restagno, artefice della programmazione, mentre  la coppia Michel/Colombo provvedevano alla 'questua') si presenta più nuovo di prima, con il vertice  cambiato ( Gastel, Campogrande) ed affidato per l'organizzazione non ad una nuova fondazione - come si era pensato al momento del cambio per mettere in sicurezza il festival - ma a due organismi delle rispettive città ( I Pomeriggi musicali per Milano, La Fondazione per la musica e... a Torino, guidata fino all'arrivo dell'Appendino dalla signora Vergnano; ed ora? ).
 Nuovo vertice, nuove intenzioni, nuove finalità ma meno soldi - che è stata secondo noi, assieme alla prospettiva di cambi al vertice delle due municipalità, la ragione vera del cambio della guardia, altro che  ritorno agli studi, nel caso di Restagno, in compenso,  più idee, ed ogni concerto a tema, secondo le dichiarazioni preliminari.
Se è per questo, tolte certe trasmissioni televisive che sarebbero da premiare per manifesta idiozia, a causa dei titoli giornalieri, la stessa idea - quella cioè di studiare un titolo per ogni concerto, un titolo che colpisca più del programma stesso e dei suoi interpreti - si vede spesso far capolino nei programmi di alcune istituzioni che si curano assai meno della qualità sia delle proposte che delle esecuzioni.
Senza voler mischiare fanti a santi, se si scorre la programmazione della Istituzioni sinfonica abruzzese, che da poco ha una nuova direzione artistica, si vedrà come tolti i titoli sempre curatissimi ed estratti dal cilindro magico dalla direzione, l'orchestra viene regolarmente affidata ad una schiera di giovani ( non abbiamo nulla contro i giovani, ma per un'orchestra che è rimasta 'giovane', nonostante vanti decenni di esistenza, si fa presto a farla precipitare in basso,  ancora più in baso, molto in basso, lasciando brillare in alto solo quei titoli!).
 Non è il caso di Mito, dove  a Campogrande, compositore dalle mille trovate ( come quella degli inni delle nazioni che partecipavano all'EXPO), speaker radiofonico,  i titoli vengono facili. Come altrettanto facile è venuto ordinare agli interpreti un programma che quei titoli illustri, almeno per non fare la figura di chi dice una cosa ed un'altra ne fa fare.
 Vi sono  naturalmente delle idee, e del resto avendo assunto come titolo generale, o tema, del festival 'padri e figli', ditemi voi quale autore o periodo o opera sarebbe esclusa a priori. Niente e nessuno può considerarsi fuori, ed è quello che ha pensato Campogrande, allestendo una grande mostra di musica con qualche pezzo forte, o nuovo se vogliamo.
Sulla reale utilità  della nascita di MiTo abbiamo sempre nutrito seri dubbi, stando che Torino e Milano sono città che hanno diverse istituzioni musicali e sono servite, per la musica, da gennaio a dicembre, salvo settembre, che si è incaricato di riempire per anni il terzetto di cui all'inizio, ed ora il duo Gastel-Campogrande.
 Ci piace, ad esempio, lo spettacolo importato dall'Olanda - se abbiamo letto bene - destinato ai bambini (destinato a porre ancora una volta il problema della educazione e pratica musicale nelle scuole italiane fin dall'infanzia) come anche le giornate  in cui si esalta la pratica corale amatoriale in Italia, in collaborazione con la benemertia FENIARCO (alla quale quei delinquenti del Ministero di Franseschini hanno negato anche un finanziamento simbolico!); ci piace la presenza di tanti musicisti italiani (che al terzetto che ha guidato per anni il MiTo non andavano proprio a genio) anche se  per chi è addentro alle premiate ditte non sfuggono  rapporti e legami (anche pericolosi!), ci piace anche l'assenza delle compagini orchestrali estere che da sole svuotavano le casse del festival; mentre non ci piacciono gli studiosi che pretendono di far rivivere i geni ai quali si sono dedicati (vedi Sardelli con Vivaldi, ma accettiamo lo scherzo), e ci piace anche l'idea di far presentare ogni concerto  da competenti, evitando che dicano le solite ovvietà ( Radio 3 ne presenta esempi preclari!), che si sbrodolino nella presentazione degli interpreti,  ma che  facciano in poche prole capire al pubblico, predisponendolo, quello che stanno per ascoltare e magari non conoscono.
In questa attività, fatta fuori l'onnipresente radiofonico Giovanni Bietti, che assieme a qualche compositore, anch'esso radiofonico, sta riducendo all'osso il pubblico di Radio 3, Campogrande si è affidato a due coppie, una per ogni città ( che magari parleranno tutti contemporaneamente, giacchè ci sono giorni in cui contemporaneamente, ma in luoghi diversi - per fortuna  - ci saranno  concerti), nelle quali due componenti li conosciamo bene per  averli ascoltati assai spesso alla radio. Più che per il 'radiofonico' romano, in trasferta a Milano, temiamo per la milanese ' radiofonica', che sicuramente, come fa da anni ogni settimana, è bravissima a 'menare il can per l'aia'.

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