martedì 12 luglio 2016

Vittorio Emiliani, sul Corriere, a difesa delle istituzioni culturali e dell'uso dei monumenti. Rifiutarli a Fendi, Bvlgari, Della Valle?

Vittorio Emiliani, a capo del 'Comitato per la bellezza' non passa occasione per farsi sentire su argomenti che con il suo Comitato, benemerito!, sono di stretta pertinenza.Due volte negli ultimi giorni, sul Corriere della Sera.

La prima  a proposito dell'uso che se ne sta facendo di certi monumenti noti nel mondo da parte di mecenati che hanno contribuito con soldi propri al loro restauro e manutenzione. Ad Emiliani non è andato giù il fatto che la griffe Fendi, che aveva fatto restaurare la Fontana di Trevi, l'abbia ottenuta per una sfilata  di moda. Da non dimenticare che fino a qualche anno fa la più grande sfilata di moda a Roma, si svolgeva sulla scalinata di Trinità dei Monti, e senza che nessuna delle griffe avesse tirato fuori una lira per il suo restauro, come invece ha fatto di recente Bvlgari, al quale sarebbe ingrato rispondere negativamente qualora domandasse la scenografica scalinata, a due passi dalla sua boutique di via de' Condotti, per una sfilata della maison. Eppure 'AltaRoma' domandava ed otteneva la scalinata per le sue sfilate, senza aver mai tirato fuori una lira per il suo restauro. Allora forse meglio darla ad alcune griffe se intervengono  con soldi propri nel restauro. E non si dica che oggi c'è il beneficio del cosiddetto 'Art Bonus'.

Il discorso vale anche ed a maggior ragione per Della Valle, che ha tirato fuori ben 25 milioni per il restauro del Colosseo. Può la Sovrintendenza dirgli, una volta restaurato il monumento, che lui i piedi - è proprio il caso di dirlo, essendo Della Valle un prestigioso 'scarpaio'  -in quel monumento non deve più metterceli? Sarebbe un gesto di profonda ingratitudine. E non venga a dirci Emiliani che di 'pubblicità, in questi anni, Della Valle ne ha avuta a sufficienza. Vero, però se non ci fossero i Della Valle, noi avremmo soltanto i Franceschini  che trovano soldi 'pubblici',  solo quando si mettono in testa balzane idee, come ricostruire l'inutile 'platea lignea' del celebre anfiteatro;  mentre, nel contempo, chiede aiuto ai privati per la manutenzione e conservazione del nostro patrimonio architettonico e monumentale, al quale egli dovrebbe primo fra tutti provvedere.

Altra cosa sarebbe se Fendi o Della Valle o Bvlgari pretendessero per gli anni a venire di poter utilizzare quei monumenti che hanno contribuito a restaurare, come stabili passerelle per i loro prodotti.In quel caso e solo in quello avrebbe senso la protesta di Emiliani.

La seconda volta Emiliani è intervenuto in difesa di alcune istituzioni musicali storiche della capitale, prima fra tutte l'Accademia Filarmonica Romana presieduta da Paolo Baratta, dalle cui sedi il Comune intende sfrattare, essendo concluso il contratto di locazione a prezzi scontatissimi. L'Accademia Filarmonica, se non ricordiamo male, paga ogni anno una lira di affitto per la sua celebre sede di Via Flaminia, nella quale certo l'Accademia ha negli anni prodotto alcune migliorie, costruito la cosiddetta 'Sala Casella' ecc...  Sebbene questo il Comune non possa non riconoscerglielo, ma una lira ad anno per un quarto di secolo o giù di lì, costituisce comunque trattamento di favore che poche altre istituzioni hanno. Perciò, forse, sarebbe più ragionevole un adeguamento del canone di affitto, certamente non ai prezzi di mercato, considerando l'opera meritoria che l'Accademia svolge, anche nel settore didattico, comunque non gratuitamente, è bene non dimenticarlo e che non lo dimentichi neanche Emiliani.

Tanto per fare un esempio, il Comune di Roma paga a 'Musica per Roma'  un affitto abbastanza alto per l'Accademia di Santa Cecilia; e proprio il mancato pagamento di tale affitto da parte del Comune, ha prodotto nel bilancio di Musica per Roma del 2015, un buco. Il Comune paga 1.500.000 Euro a Musica per Roma; perchè l'Accademia Filarmonica non dovrebbe pagare l'affitto al Comune? Un affitto equo, come quello di enti che non mirano al profitto, ma un affitto sì che lo deve pagare. Lo deve pagare l'Accademia come devono pagarlo  gli altri enti o istituzioni che nell'articolo di Vittorio Emiliani sono citati e che, se non ci sbagliamo, anche dal Comune, oltre che dallo Stato, ricevono finanziamenti per la loro attività.

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