sabato 14 maggio 2016

Per un Pizzarotti che si vuole 'dimesso' c'è un Nogarin che si sostiene nella resistenza. Cinquestelle dynasty

Due sindaci 'cinquestelle', uno perfettamente integrato nella dynasty  'Casaleggio&Figlio' e l'altro ai margini, dissenziente. Ambedue raggiunti da un avviso di garanzia.
Per Nogarin, sindaco di Livorno,  la dynasty invita a leggere bene le carte e ad attendere l'evolversi dell'inchiesta, per poi decidere se dimetterlo o meno, perché non tutti gli avvisi di garanzia sono uguali; l'altro, sindaco di Parma, sul quale da due mesi indaga la procura di Parma, per le nomine al Teatro Regio, che non ha messo al corrente la dynasty, che ora si vorrebbe, perché dissenziente dalla medesima, dimesso sic et simpliciter.
Ma gli avvisi di garanzia, non aveva detto la dynasty che non sono tutti uguali, mentre per quelli che raggiungono esponenti di altri partiti suonano, senza indugio, alle orecchie della Casaleggio & Figlio come condanne già definitive?
 Gli avvisi di garanzia non sono tutti uguali , come non dargli ragione; ma anche gli oggetti di tali avvisi non sono tutti uguali. E allora? O si dice che occorre  guardare ai singoli casi prima di decidere - sempre ! - anche perché, comunque gli avvisi possono essere, talvolta, anche 'atti dovuti', oppure al loro invio debbono suonare come condanna,  che necessita immediatamente  delle dimissioni da ogni incarico pubblico. Come la dynasty chiede ora a Pizzarotti e, invece, non chiede a Nogarin.
 Intanto a proposito delle prossime elezioni amministrative, il cui clima infuocato non può non influenzare anche queste vicende, registriamo alcuni particolari della campagna romana.
 Innanzitutto che le sorellastre Mussolini  gareggiano su fronti opposti; che la Pivetti, in cerca di nuovo lavoro, dopo aver fatto senza molto successo ma per tirare a campare perfino la soubrette, s'è rimessa il foulard alla gola,  stile  presidente della camera di un tempo, per seguire come la sua ombra quel gentiluomo di Salvini; che le uscite ultime di Marchini inducono a  celebrare come genio,  Mariastella Gelmini, ex ministro dell'Istruzione, indimenticabile, per aver almeno parlato del tunnel, segretissimo, che collega Ginevra al Gran Sasso, entro il quale far passare la materia ( grigia?); e poi il rilievo dello slogan, ma forse solo quello, della principessina Ruspoli ( candidata con la Meloni) 'meglio nobili che ignobili! ( azzeccato!, perfino geniale); mentre fa piangere quello della Raggi che gioca sul suo cognome nello slogan: coRAGGIo di cambiare!
 Tornando a Pizzarotti. Sull'argomento 'Teatro Regio', e prima ancora sull'assessore alla cultura pizzarottiana, Luigi Boschi, nel suo blog (che la magistratura ha voluto mettere a tacere, perchè metteva bocca su fatti e misfatti parmigiani) ha raccontato tutto, anche in questi giorni, tornando a quella storia che ormai data qualche anno, quella cioè delle nomine al Regio, del direttore generale e della incaricata ai 'progetti speciali', per le quali aveva richiesto una 'manifestazione di interesse' agli aspiranti, i cui curriculum furono sottoposti ad una commissione che, alla fine dei lavori, stilò una lista di 7 candidati con le carte in regola. Quella commissione non s'è mai capito  se fosse presieduta da Cristiano Chiarot, sovrintendente a Venezia, o se Chiarot fosse uno dei membri, forse il più titolato fra gli esaminatori, se non altro per la carica che ha. In questa rosa di nomi eccelleva come astro luminosissimo Carmelo Di Gennaro che, vistosi escluso dall'incarico di direttore generale, se ne lamentò pubblicamente con una lettera aperta.
 Chi pensa che simili storture, che calpestano il curriculum honorum di uno dei più noti direttori artistici che l'Europa si contende a suon di dimenticanze e che perciò s'è messo in proprio, Di Gennaro appunto, sappia che la provincialissma Parma non è seconda neppure alla centralissima  Roma del Mibac di Franceschini, il quale per le sue (del ministero) commissioni consultive, a seguito di  richiesta di manifestazione di interesse, se ne è fottuto dei curriculum - che forse non era neppure in grado di valutare o che ha valutato secondo criteri di 'obbedienza e sottomissione'- per metterci chi gli pareva. Perciò chi se la prende con Pizzarotti, non si dimentichi di Franceschini. Resta solo da vedere chi farà meno danni,  se i nominati di Pizzarotti o di Franceschini.

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