martedì 8 marzo 2016

Enrico Mentana analizza il recente matrimonio, d'amore, nel mondo dell'informazione.

Si è scritto e detto molto in questi giorni sul matrimonio civile - per amore, non per interesse - fra La  La Repubblica ( Gruppo L'Espresso) La Stampa e Il Secolo XIX  - questi ultimi due  erano già conviventi; e si è detto e scritto anche  che queste unioni erano già nel destino dei due grandi gruppi, come segnalava pochi mesi fa anche il trasloco dei direttori e come da tempo lasciava immaginare la consanguineità delle proprietà di La Repubblica e La Stampa. Insomma tutto scritto, reso più necessario dai dati drammatici della diffusione, vendite e rese dei quotidiani in Italia, e della stampa in genere (i dati ufficiali  e certificati, riportati anche oggi nel sito di Franco Abruzzo, mettono i brividi: siamo in una crisi nerissima per le vendite, e la pubblicità non si è del tutto ripresa e forse non si riprenderà  nel breve e medio periodo.
In questa crisi c'è qualcuno che si è avvantaggiato? In parte, ma solo in parte, tutti i mezzi di informazione, diretti o indiretti, che hanno costi nettamente inferiori  a quelli dei giornali e che forniscono informazioni, esatte o no che siano, curate o meno, in tempo reale.
 A che serve comprare, per leggerlo, un giornale alla mattina quando tutto ciò che è accaduto fino all'alba, la rete e le tv l' hanno già mostrato e illustrato? Ma i giornali contengono commenti e pareri illustri di  autorevoli specialisti - si potrebbe obiettare. Ma questi  commenti e parerei sono poi  così necessari e  importanti, come pensano o fingono di pensare e voler far credere coloro che i giornali li fanno e li editano? Quanti sono, ammesso che lo siano importati e necessari, coloro che li leggono o che sono interessati a farlo? Ed a quale fascia di età essi appartengono?
 Enrico Mentana in una lunga intervista - ripresa da Il Foglio 'rosa', del Lunedì - prende in esame tutti questi problemi, a cominciare dalle vendite e dai lettori abituali dei giornali, e si domanda se si è mai vista una fila di giovani davanti ad un'edicola. I giornali non li leggono i giovani, i giornali di informazione, soprattutto quotidiani, bensì gli adulti, abbastanza adulti, gli unici che poi parlano dei vari commenti e che hanno soprattutto il tempo di leggerli. Ai giovani bastano le notizie, sulle quali autonomamente riflettono, se ne hanno voglia e capacità.
 Ma perché l'era dei giornali sta finendo? Mentana sostiene che i giornali finiranno innanzitutto perché costano molto; perchè chi ci lavora difende privilegi ormai insostenibili, che rappresentano forse il cancro più temibile nel corpo dell'editoria giornalistica.
 Oggi, e domani ancor di più, basterà la rete e la tv; certo la rete e la tv danno una informazione che difficilmente educherà i giovani alla crescita intellettuale e civile,  abituandoli anche alla riflessione, cosa che i giornali con i vari commenti possono favorire. Ma evidentemente ciò importa poco o nulla.
 Il fatto è che è arrivato il momento di domandarsi - come fa Mentana con un paragone abbastanza allarmante ed impietoso - se oggi i giovani preferiscano IKEA ad ogni altro fornitore di mobili ed accessori domestici; e se gli stessi, oltre che funzionali,  siano anche belli, di qualità e duraturi. Mentana dice di  riscontrare come oggi i negozi di antiquariato  sono sempre più deserti, come le edicole; mentre IKEA è sempre strapieno di gente che, senza chiedersi altro,  spende poco, acquista ciò che in quel momento gli serve, e tanti saluti.
 Ora  arrendersi contro un nuovo tipo di barbarie non ci convince fino in fondo; certo è però che  i giornali si vendono sempre meno, la pubblicità cerca altri sbocchi,  le informazione tutti le cercano nel mezzo più veloce ed economico, non importa se grezzo.
Però, caro Enrico, se vogliamo fermarci ai costi, non è che gli artefici della informazione in Tv costino meno. Un direttore di telegiornale costa molto molto meno di uno della carata stampata, ed altrettanto dicasi dei giornalisti? Non lo sappiamo. ma che  nella casta dei giornali si spenda  molto è vero, e d'altro canto che sempre nei giornali si sfruttino i giovani pagandoli due soldi, per continuare a mantenere alti i compensi delle cosiddette grandi firme, è  altrettanto vero.  Prima di chiuderli i giornali per deficit  congenito si potrebbe fare qualcosa.
Ad esempio, si potrebbero mandare definitivamente in  pensione tutti i collaboratori pensionati ed immettere energie fresche e nuove nell' informazione. Altrimenti a che serve lamentarsi della disoccupazione giovanile se poi proprio coloro che raccolgono e diffondono tale grido di dolore sono i primi a fomentarla ed accrescerla?
 Quanto poi alla velocità delle Tv,  occorre anche tener presente che molte delle trasmissioni a mezza strada fra intrattenimento ed informazione, senza i giornali dai quali prendono tutte le notizie dei casi di cui si occupano - noi che, per ragioni anagrafiche, continuiamo a comprare e leggere i giornali, lo vediamo ogni giorno -  potrebbero anche chiudere o mandare a loro spese qualcuno  sul territorio, cominciando a spendere di più ed a costare di più. Come si vede la fine della storia non può essere una sola, come vorrebbe far intendere Mentana: la chiusura dei giornali.

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