sabato 23 gennaio 2016

Va di moda il Verdi 'giovane'in Italia. Va bene, ma non dimentichiamo i capolavori della maturità

Giovanna D'Arco, Luisa Miller, I Due Foscari, Stiffelio, Attila in Italia e all'estero Jerusalem, Oberto, conte di San Bonifacio, solo nel giro di pochi mesi, dall'inaugurazione della Scala a seguire. E Chailly, nuovo direttore scaligero già annuncia che la 'sua' riscoperta del giovane Verdi non si ferma, proseguirà con Alzira ed anche Stiffelio, che in questi giorni viene proposto alla Fenice di Venezia. Dunque le opere  minori che Massimo Mila aveva incautamente ed esageratamente definito 'brutte', tornerebbero a piacere, quanto meno ad essere riproposte, nella maggioranza dei casi da giovani direttori (Mariotti, Rustioni), in attesa di cimentarsi con le opere 'maggiori' di Verdi, secondo il consiglio di Riccardo Muti: ' ogni cosa a suo tempo'.
 Nella lunga lista delle opere giovanili in cartellone i giornali appuntano con attenzione i nomi dei registi - della musica  è sempre fregato assai poco - quasi  a significare che  quelle 'riesumazioni' dipendono dalle uniche mani che possono risuscitarle, quelle dei registi i quali - Giovanna D'Arco scaligera insegna - sbagliano più spesso di quanto non ci azzecchino.
 Ma allora perché ostinarsi? Perché forse, specie per i giovani direttori, non è ancore venuta l'ora di avvicinarsi ai grandi titoli del repertorio, per le quali occorre fare i conti con una tradizione interpretativa e registica di gran peso. Potrebbe essere questa una delle ragioni, anche se la ragione proposta dai vari direttori giovani, ma lo ha fatto anche Chailly, è che in  quelle opere, ingiustamente uscite dal repertorio, c'è già il germe del grande operista, ci sono anticipazioni dei capolavori futuri, e sono disseminate di vere gemme musicali. Sì tutto vero, ma... è bene ricordarsi che, con tutti i problemi,  è il grande  repertorio che deve essere battuto. Mentre per il timore di confrontarsi con i grandi interpreti del passato, si tengono fuori anche da grandi teatri ( perfino alla Scala tanto che Muti dovette lanciare una sfida per riproporre Traviata , 'dopo Maria', con la Fabbricini) i titoli a ragione più amati.
 Vanno bene i titoli minori, ma non si facciano le stagioni su quelli, per paura di toccare i maggiori e soprattutto perchè la critica ( che da visibilità almeno nazionale all'attività dei nostri teatri) - a differenza del pubblico - accorre più volentieri a sentire Oberto che  Traviata, l'ennesima - come scrivono i più snob, ed anche i più cretini.
 E di  queste riesumazioni sembra diventato un specialista,fra i registi italiani, Daniele Abbado che firma la regia dell'Attila a Bologna e, nei prossimi mesi anche altre.

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