venerdì 4 dicembre 2015

Scalfari e Mieli nel salotto tv di Lilli la rossa, per parlare dell'uscita di Ezio Mauro e dell'arrivo di Mario Calabresi a Repubblica.

L'altra sera Eugenio Scalfari, nel salotto della Gruber, è venuto a  darci una spiegazione che nessuno gli ha chiesto sulle notizie, rivelatesi in parte superate, di una sua uscita da Repubblica, per lo 'sgarbo' che De Benedetti, suo attuale padrone (editore) gli avrebbe fatto, non consultandolo sull'imminente cambio di vertice nel giornale che lui ha fondato 40 anni fa e di cui per un ventennio, il primo, è stato direttore, amministratore, proprietario e molto altro ancora.
Gli faceva da spalla Paolo Mieli che oggi è anche il consigliere di fiducia  del premier e del suo cerchio magico: per esempio, avrebbe lui consigliato a Campo Dall'Orto, di assumere Carlo Verdelli ( una vita fra Corriere e Repubblica) come direttore del'informazione in RAI; ma anche il jolly di tutte le reti televisive e di quasi tutte le trasmissioni, di qua e di là dal Tevere - come ha fatto anche l'altra sera, quando dopo il salotto di Lilli Gruber, ha avuto appena il tempo di cambiarsi di camicia cravatta e giacca per fiondarsi subito nella trasmissione di Paragone, 'La gabbia'.
  Scalfari ci ha detto di essersi incazzato - naturalmente non ha usato un termine così dozzinale, ma la sostanza era la stessa - per aver saputo dell'uscita, dopo 20 anni di onorato servizio, di Ezio Mauro, e dell'arrivo di Mario Calabresi - un nome che anche lui avrebbe suggerito alla proprietà - dopo che la decisione era stata assunta dal CDA e da De Benedetti.  Se Scalfari ha voluto darci ad intendere che lui del cambio al vertice del suo giornale non sapeva nulla, non gli crediamo.
Scalfari ha voluto mettere le mani avanti - ancora un locuzione  dozzinale -  rispondendo, non richiesto, a quanti avrebbero potuto chiedergli perchè, ora che ha superato i 90, non ha lasciato il giornale per seguire Ezio Mauro che dal giornale non esce ridanciano e contento, come si può capire, nonostante i venti anni lì trascorsi e forse per  il desiderio di 'seminare in altro campo' - ancora una locuzione volgare e contadina.
Perchè Scalfari non ha seguito Mauro fuori dal giornale, come ha dichiarato che farà Adriano Sofri, il quale non lascia Repubblica per seguire Mauro, ma per non incrociare  neppure per una volta Calabresi che lo avrebbe sicuramente scaraventato fuori, per le ragioni che tutti sappiamo. Sofri   a Repubblica (un acquisto autorevole per il giornale) è soprattutto il  segno vivente dell'aiuto di un amico (Mauro) dopo la condanna ed il carcere per l'omicidio Calabresi, dunque...
Tornando a Scalfari, è difficile credergli, nonostante la sapienza che va dispensando in ogni occasione, aprendoci il suo cuore, con le omelie domenicali, i libri e gli incontri con Papa Francesco, del quale è divenuto amico e confidente.
Scalfari ha dimenticato di ricordare che il ventennio,  che ora si chiude per il suo giornale, con l'uscita di Ezio Mauro, non è che il secondo dalla fondazione. E che, neanche dopo il burrascoso cambio al vertice alla fine del primo ventennio che  lo vide lasciare la direzione del giornale,  che veniva affidato a Ezio Mauro, egli si sia dimesso come avrebbe dovuto. E non che allora fosse stato trattato con i guanti bianchi.
Anche noi respirammo quella atmosfera di pulizia etnica dell'epoca - allora collaboravamo ad alcuni periodici ( principalmente 'Il venerdì' )del quotidiano -  che portò ad una estromissione e ridimensionamento degli scalfariani più fedeli. Allora come ora, nonostante il trattamento sia stato il medesimo, Scalfari non si dimise.
Dunque non venga a raccontarci del pellegrinaggio alla 'canossa' velletrana del direttore, da parte di De Benedetti con il capo cosparso di cenere in segno di pentimento e del successivo abbraccio e bacio di Calabresi che l'ha quasi costretto, contro la sua volontà, a continuare come se nulla stia per accadere.
 Con tutto il 'dolce vita' candido che faceva brillare ancor di più la sua barba argento e lo rassomigliava a papa Francesco, noi non crediamo ad una sola parola di ciò che ha voluto raccontarci sulla successione di Calabresi a Mauro e sulla sua permanenza a Repubblica. Dove continuerà a firmare le omelie domenicali. Come se nulla fosse...

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