lunedì 7 dicembre 2015

La prima alla Scala. Successo per Giovanna d'Arco di Giuseppe Verdi. Ne valeva la pena?

 Si è conclusa da pochi minuti la inaugurazione della stagione 2015-16 del Teatro alla Scala di Milano, con 'Giovanna d'Arco', opera giovanile di Giuseppe Verdi, fortemente voluta e diretta da Riccardo Chailly, al suo primo impegno nella stagione ufficiale da direttore della Scala (per ora 'direttore principale', dalla prossima estate, formalmente, direttore musicale'), che noi abbiamo seguito dall'inizio alla fine su RAI 5, accolta con  generosi applausi del pubblico; applausi meritatissimi da tutta la componente musicale, dagli interpreti principali, Anna Netrebko, Francesco Meli e Devid Cecconi, nonostante quest'ultimo avesse sostituito all'ultimo momento Carlos Alvarez affetto da bronchite acuta, al coro preparato dall'ottimo Casoni, all'orchestra, a Chailly.
 Meno meritati, secondo noi, dagli autori dello spettacolo,  dai due registi al resto della compagnia ( di una compagnia si tratta, perché lavora sempre in gruppo), che comprende scenografo costumista  autore delle luci, autore dei movimenti coreografici.  Tutta questa compagnia tanto numerosa se l'è cavata con poco anzi con nulla.
La scena dall'inizio alla fine era un interno spoglio con pareti alte ( che solo alla fine hanno rivelato in cima un camminamento con finestrelle come quelle della famosa scuola di cavalleria salisburghese) e poltrone sempre rovesciate a terra - si vede una casa non ben frequentata - oltre al letto sempre presente, e sul quale appare la giovane Giovanna che sogna  (la Giovanna d'arco di Verdi è tratta da Schiller, per il libretto di Temistocle Solera) e che non si capisce bene se è più preoccupata di salvare la Francia o la sua verginità messa in pericolo dal re, senza insistenze, ma che più d'ogni altra cosa interessava a suo padre. Una storia un pò bislacca, con parecchie incongruenze che anche una musica studiata e ricca di presagi non riesce del tutto a tenere in piedi ed a salvare.
 Per la scenografia  merita d'essere segnalata l'emersione dal sottosuolo del prospetto di cattedrale, che avrebbe dovuto estasiare il pubblico, ma che, pensiamo,  nessun effetto di fascinazione abbia sortito; e poi il cavallo dorato sul quale appare il re, un cavallo che è un pony, sorpassato in altezza perfino dalla Netrebko; infine, quei diavoletti che vogliono prendersi la giovane Giovanna.  Tutto troppo inutilmente naif, nonostante la filosofia che per molti minuti, nei giorni che hanno preceduto la prima, i registi si sono sbracciati a raccontarci in tv. E poi la madonnina messa lì per terra eh appare anche a sipario chiuso, che Natalia Aspesi non ha capito. Neanche noi, oltre il fatto che la Giovanna la prega all'inizio ed alla fine dell'opera e che forse alla giovane  fanciulla appare  in sogno,.. Dunque un qualche senso poteva averlo anche se non siamo abituati a vedere una madonnina celeste quasi abbandonata, lì per terra, su fondo rosso infernale del sipario.
 Questa volta, al duo di presentatori tv degli anni scorsi, soprannominato 'la bella e la bestia', uno nuovo si è sostituito, e sempre con una bella ( una giornalista di Rai News 24, diretta dall'ex Maggioni, oggi presidente RAI, Serena Scorzoni) ed un 'bellino', musicista, il cui nome non ricordiamo bene. La bella nel foyer, il bellino in un palco.
Alla prima il compito di seguire la mondanità ( la moglie del premier sembrava una bella contadinotta, invitata alle nozze di un suo paesano. Ma chi la veste? ), ma anche Patty Smith, ospite d'onore della serata, e qualche storico come Barbero ( al quale rivolge solo una domanda sulla storica eroina, per dar spazio ad un lungo sproloquio di uno storico francese, esperto di storia contemporanea(?); Barbero non poteva far meglio del suo collega francese e in perfetto italiano per giunta?); al secondo,  il 'bellino', un pò impacciato, il compito di far vedere che, essendo che lui è musicista, conosce la materia - del genere 'saputello' che fa sempre domande più lunghe delle risposte - e di farci ascoltare il parere dei responsabili di tre grandi istituzioni culturali e musicali estere (la Filarmonica di Parigi - che è ? - il Barbican di Londra, ed il Musikverein di Vienna). Sbaglia sempre i tempi, perché annuncia di passare la linea alla collega 'bella' ed invece all'auricolare gli dicono.'asino' ancora tu, e lui ricomincia. E questo accade più di una volta, ed è sinceramente troppo.
 Ciò che non sappiamo spiegarci è la presenza di Silvia Colasanti a parlar di Verdi e di se stessa, che - ci è stato detto, presentandola, dal 'bellino'- che aveva rinunciato ad andare a Parigi dove c'era una sua 'prima' importante per essere due minuti in tv a Milano. E male ha fatto. Perché Lei,  ce lo siamo chiesti senza riuscire a darci una convincente risposta. E quelle che ci sono passate per la testa è meglio che le teniamo per noi. Comunque  Lei o mille altri compositori o compositrici, o nessuno di loro non avrebbe cambiato nulla. A chi interessava  far apparire la Colasanti, anche se una brava compositrice, per carità?
E poi il collega Mattioli che non se ne perde una ( di 'prima' all'opera, e non solo alla Scala) e che in questi giorni è già la seconda volta che vediamo intervistato. Nulla da dire, RAI 5 l'ha scritturato come suo critico d'elezione.
 Il bilancio della diretta - segnata anche da una bella regia di Patrizia Carmine - è senz'altro positivo,  più positivo degli altri anni - tolta qualche mania, come quella troppo evidente di esterofilia  dei responsabili di RAI Cultura e di RAI 5 i quali vorrebbero  dirci che la RAI non ha confini; e quella scheda sugli sforzi che la RAI compie per questa faticosa ( e costosa) diretta. Perché non fanno altrettanto per il festival di Sanremo?  Forse per dirci che a Sanremo tutti gli sforzi sono ripagati mentre alla Scala la RAI ci rimette?
 Infine una parola sull'operazione 'Giovanna d'Arco'. Noi con condividiamo affatto che uno sforzo pari a quello che la serata inaugurale della Scala richiede, si rivolga ad un'opera che non entrerà mai in repertorio e che mai e poi mai la Scala potrà riprendere nelle prossime stagioni, come invece farebbe bene a fare regolarmente con il grande repertorio. Non esageriamo se lo definiamo un capriccio fra il musicologico e lo snob di un direttore che farebbe bene e meglio a farci ascoltare Rigoletto o Traviata, anche se quest'ultima ha inaugurato due stagioni fa con Gatti, o Puccini che da troppi anni è assente dalla Scala, a causa di evidente 'deficit' di intelligenza in fatto di scelte dei predecessori di Pereira; e non solo loro, perché fra di essi va  incluso anche Claudio Abbado, per il quale Puccini era troppo 'borghese', e la sua musica troppo... non abbiamo mai capito cosa ne pensasse.
 Altre volte abbiamo assistito, anche all'Opera di Roma a ripescaggi di opere cadute nel dimenticatoio che la vanità ed il capriccio di qualche direttore ha voluto rispolverare senza risultati rilevanti, mentre rilevantissimi erano stati gli sforzi di realizzazione e i costi (almeno la Scala se l'è cavato con una stanza spoglia; a Roma non dimenticheremo mai quella  mastodontica locomotiva vera vista in palcoscenico su veri binari per un titolo che  non ricordiamo più, di un autore che ora ci sfugge, a distanza di pochissimi anni). In certi casi  - e a noi quello odierno della Scala sembra uno di questi  - il sovrintendente dovrebbe avere la forza ed il coraggio per dire no al suo direttore musicale. rimandando il suo progetto a quando a pagare sara  lui.

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