mercoledì 11 novembre 2015

Non c'è due senza tre. Di direttori 'onorari a vita' o 'emeriti': da Muti a Temirkanov, e di nuovo a Muti

Ha cominciato Riccardo Muti, al quale il titolo di 'direttore onorario a vita' dell'Orchestra dell'Opera di Roma gli ha portato un tale sfiga che dopo pochissimi anni si è dimesso, e quel titolo onorifico è rimasto appeso nella bacheca del teatro, mentre l'interessato se l'è scrollato di dosso come si fa con la polvere  caduta sull'abito scuro.
Un giorno andrebbe raccontata la storia vera dell'arrivo di Muti a Roma, della sua permanenza e del suo addio che è riuscito a rompere un'amicizia che durava da anni fra il direttore e Paolo Isotta- che l'ha raccontato nel suo ultimo libro. Quel titolo onorifico dato ad un direttore appena sbarcato a Roma, serviva solo a mostrare a tutti che in qualche maniera il teatro l'aveva legato a sé; non avendo ottenuto che il direttore assumesse l'incarico, vero, di direttore musicale. Se ne è confezionato uno finto, di incarico. Di più, quel titolo onorifico non è che gli abbia portato bene a Muti.
 A Roma, come abbiamo già segnalato ieri, ad un altro direttore, Yuri temirkanov, viene attribuito quel titolo onorifico da parte dell' Orchestra dell'Accademia di santa Cecilia, e speriamo che non gli porti altrettanto sfiga. L'Accademia spiega che è la prima volta che tale titolo viene attribuito ad un direttore. E Bernstein? No, lui era 'presidente onorario dell'orchestra ' non sappiamo se a vita , o soltanto per un pò. E lui, non ricordiamo più se per sdebitarsi con Siciliani, a seguito di tale titolo,  o per meritarselo, oltre le sue abituali presenze in stagione ( come del resto fa Yuri Temirkanov), venne  a Roma a tenere un corso per  giovani direttori d'orchestra, che si portò dagli USA (fra quelli italiani nessuno venne ammesso a seguire tale corso come allievo effettivo, non avendo superato la prova di idoneità; e, se non ricordiamo male, a quel corso partecipò da semplice uditore anche l'attuale sovrintendente dall'Ongaro - o forse ricordiamo male?) e eseguì una memorabile 'Bohème' all'Auditorium della Conciliazione con cantanti giovani , AMERICANI. L'orchestra era galvanizzata dal direttore, come anche tutti i giovani interpreti.
 Adesso un nuovo caso sta per verificarsi, riguardante questa volta un direttore cui quel titolo ha già creato qualche imbarazzo, e cioè Riccardo Muti. La Scala, Pereira in persona, non sa più cosa fare per farlo tornare a dirigere, ci sta provando in tutti i modi; a luglio una mostra gli verrà dedicata, per festeggiare i suoi 75 anni, ed in più, sempre nella prospettiva del ritorno, si agita l'intenzione di volerlo nominare 'direttore emerito', onorificenza di nuovo, freschissimo, caduco conio; sebbene lui alla Scala ci sia già stato per quasi vent'anni; come anche Abbado, al quale quel titolo non è stato mai dato anche recentissimamente.
 Che Muti debba dirigere anche alla Scala, e - secondo noi -  dovrebbe dirigere anche a Santa Cecilia come pure all'Opera di Roma ed nche altrove in Italia, non certo dappertutto, è perfino superfluo ribadirlo-  se fossimo in un paese normale, e  noi non lo siamo. Invece, Muti, in Italia,  può decidere di dirigere solo la sua Orchestra Cherubini, e nessuno può dirgli nulla. Cosa, ad esempio?
Ma che il noto direttore, accetti un altro incarico onorifico  come 'captatio benevolentiae' per il suo ritorno alla Scala, o come risarcimento postumo, non  crediamo accetterà nè che gli faccia bene accettarlo. E lui che è mezzo napoletano oltre che mezzo pugliese, conosce bene il detto :' timeas Mediolanenses et dona ferentes'. In  guardia maestro, se vuole tornare a dirigere l'Orchestra della Scala, lo faccia anche senza  il titolo  di ' direttore emerito'.

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