giovedì 5 novembre 2015

Card. Bertone, cambi casa, faccia come papa Francesco

Il card. Bertone,  estromesso da papa Francesco dalla segreteria di Stato vaticana; quello del mega appartamento di lusso  con annesso superiore mega terrazzo; quello che ha riempito il Vaticano di salesiani, a cominciare dalla cappella Sistina (intesa come cappella musicale) e l'Ospedale Bambino Gesù di genovesi, si è oggi discolpato, dalle pagine del Corriere della Sera, delle accuse che gli sono state mosse in questi giorni,  prima di ogni altra quella relativa all'appartamento principesco in cui abita in  Vaticano, assegntogli beninteso dal governatorato, i cui lavori di ristrutturazione sarebbero costati quanto un appartamento (300.000 pagati da lui e 250.000 dalla Fondazione Bambino Gesù del suo amico Profiti, genovese,  del quale il nosocomio infantile si è sbarazzato, appena il suo protettore, Bertone, è caduto in disgrazia). Lui l'ha pagato quei lavori con 'i risparmi di una vita'. Continua a non capire, e con lui molti altri prelati che non hanno ancora capito che il vento nella chiesa di Francesco  è cambiato. E non solo lui. Pensiamo - sempre a proposito degli appartamenti di lusso - ad altri cardinali come Sandri, o come Filoni: quest'ultimo abita un principesco appartamento al Gianicolo, lui che è prefetto di Propaganda Fide, del dicastero cioè che amministra i beni della Chiesa, compresi tutti quegli appartamenti che, prima di lui, il card. Sepe aveva affittato ad amici e amici degli amici, i cui proventi dovrebbero servire per la diffusione della fede. L'elenco dei prelati che  abitano  case principesche è lungo,  e i giornali l'hanno più volte reso noto, ancor prima dei due libri che in queste ore stanno uscendo  nei quali si fanno i conti in tasca alle sacre tasche vaticane.
 Noi non siamo nè Bertone, nè Sandri e neanche Filoni, ma se fossimo  Bertone, Sandri e Filoni, sapremmo il da farsi: lasceremmo immediatamente quelle dimore che stridono fortemente con l'immagine di una chiesa che si rivolge ai poveri, agli ultimi della terra.
Toglieremmo dal collo quelle catene d'oro, talvolta anche pacchiane, con il crocifisso, che sta lì a dir loro ogni momento: vergognatevi! e lasceremmo a casa anche gli anelli  preziosi che fanno da pendant nell'abbigliamento aureo dei prelati della Chiesa.
Chi abbraccia il sacerdozio, nella Chiesa, deve rinunciare a tutti gli agi che la società concede ai  cittadini operosi, nel caso in cui abbiano fatto fortuna. Il grado di appartenenza alla Chiesa e la posizione nella gerarchia di qualsiasi prelato, non si misura, come fuori dalla  Chiesa, dalla fortuna che uno s'è costruito e dagli agi conseguenti che in quel caso uno si può pagare, bensì dal suo distacco da tutto ciò che è terreno e dal servizio reso ai più poveri.
 Perciò alla vergogna, dovrebbe seguire il cambio di vita, l'abbandono degli agi, o addirittura lo scomparire per fare vita ritirata, nel silenzio e nella preghiera, lontani dal mondo, per espiare la colpa di non aver capito il proprio ruolo nella  chiesa e il comportamento che ne discende.
 E se non fanno questo, nessuna giustificazione tiene  per mantenere le loro posizioni, semplicemente VERGOGNOSE.

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