sabato 24 ottobre 2015

Riccardo Muti torna a Roma per la Festa del Cinema, ma riparte subito dopo per Chicago. L'Opera di Roma non rientra (più) nei suoi progetti artistici, almeno per i prossimi anni.

'Muti e il cinema', i suoi autori preferiti, i suoi film 'cult', la musica da films, il suo autore preferito, che resta Nino Rota. Questi gli  argomenti sui quali  Antonio Monda, direttore della Festa del Cinema, ha indotto a parlare il grande direttore che torna a Roma, dopo l'addio al Teatro dell'Opera, del settembre dell'anno scorso, e senza che si intraveda , all'orizzonte, un prossimo ritorno nella capitale, nel teatro che  un tempo fu il uso, e del quale egli ancora  risulta - benché sarebbe ora di cambiare - 'direttore onorario a vita'. Un titolo semplicemente onorifico, senza senso,  al qual il teatro tiene, nonostante che Muti abbia fatto chiaramente intendere che non ha nessuna intenzione e voglia di rimetterci piede, come ha detto chiaramente a noi, subito dopo l'incontro pubblico, quando, salutandolo, gli abbiamo chiesto del suo possibile ritorno a Roma, all'Opera:" Domani torno a Chicago, dove ho la mia orchestra, una delle più grandi  del pianeta". Alla nostra insistenza per capire se è nei suoi pensieri anche futuri, un ritorno nel Teatro della Capitale, Muti ha ripetuto che ha già un'orchestra e che è una delle più belle, se non la più bella". Che altro volere? In fondo analoga risposta ha dato nelle varie occasioni in cui gli si è domandato di un suo possibile futuro ritorno a Milano, dove gli oltre dieci anni già trascorsi dalla sua uscita traumatica, dovrebbero aver lenito le ferite e smussate le angolosità nei rapporti, ed invece no, nonostante i ripetuti inviti degli ultimi mesi e la lettera di invito scritta e sottoscritta da buona parte degli orchestrali.
 Muti tornava alla festa del Cinema esattamente dieci anni dopo la precedente, alla prima edizione, quando, proprio al Teatro dell'Opera (dove fra l'altro Sean Connery ebbe un premio alla carriera, nel corso di una cerimonia  troppo paesana e scombinata) diresse la sua orchstra 'Cerubini' in un programma di musica da film di Nino Rota.
 Muti, come al solito,  da  navigato affabulatore, ha fatto uno show seguito con grande interesse e partecipazione dal pubblico venuto ad ascoltarlo in Sala Petrassi, all'Auditorium, alla vigilia della chiusura del festival cinematografico, una baraonda generale, che gli ottimisti- e noi non siamo fra questi - definiscono 'festa' di popolo.
Era venuta a salutarlo, senza però  fermarsi ad ascoltare la sua conferenza, anche una curiosa coppia di insperabili, Gianni Letta e Salvo Nastasi, il secondo amico di lunga data del direttore;  mentre fra il pubblico s'è  notato anche Alessio Vlad (e signora), attuale direttore artistico dell'Opera di Roma, in coppia con Battistelli, in quell'incarico per grazia di Muti, e che mai gli è passato per la mente di uscire dall'Opera  dopo l'abbandono di Muti. Lui  è restato, anche perchè l'occasione che un altro grande direttore  lo spinga  nella carriera, come ha voluto Muti, quando  gli capiterà più nella vita?
 Muti, stimolato da Monda, ha raccontato i film della sua vita, in cima ai quali c'è 'Dies Irae', di Dreyer, che lui vide la prima volta a Napoli, ancora ragazzo, spinto da un amico 'intellettuale' suo compagno di studi al Conservatorio, e che lasciò in lui un impressione indelebile.
 Ma prima ancora di parlare degli altri film più importanti della sua vita, fra i quali c'è ai primi posti 'Roma città aperta' di Rossellini, Monda ha mostrato al direttore una clip del film di Sorrentino, 'Youth', del quale è protagonista Michael Caine, direttore d'orchestra e compositore in pensione.  Per un episodio assai singolare: il rifiuto del  direttore compositore Caine a dirigere alcune sue musiche per la regina  d'Inghilterra, che potrebbe non essere una  invenzione del regista perchè un simile fatto, almeno una volta è accaduto davvero: maestro, ci racconti del suo rifiuto di dirigere a Buckingam Palace.
  Muti che era, all'epoca, direttore della Philharmonia Orchestra di Londra,  ricevette da Buckingam Palace l'invito a dirigere un concerto per i sessant'anni del principe Carlo, amante della musica ed egli stesso violoncellista dilettante, ma 'reale'. Il maestro concordò almeno un anno prima il programma. Ma alla vigilia del concerto, mi arrivò una lettera da 'Palace' - ha sottolineato con ironia divertita il direttore - con la quale mi si invitava a cambiare programma, perchè troppo lungo. Lo cambiai.  Ma dopo giunse una seconda lettera con un nuovo invito a cambiare, riducendolo, ancora il programma. Anche questa seconda volta Muti, anche se contrario, cambiò il programma, Alla terza, nuova richiesta, Muti seccato risponde a 'Palace': "se volete un direttore io sono pronto,  se cercate invece un intrattenitore, allora chiamate un altro".  'Palace' aveva bisogno di più tempo per  il rito dell'apertura dei sessanta pacchi regalo del principe Carlo. Sorrentino conosceva l'episodio? Forse. Muti  l'ha raccontato altre volte.
 La visione della clip finale dell'Alexander Nevsky di Ejzenstejn, con la musica di Prokofiev, altro film importante per Muti, gli  offre il destro per raccontare un altro episodio di forte impatto emotivo, accadutogli, anche questo a Londra, in occasione di una esecuzione di quella musica di Prokofiev. La scena finale è accompagnata dall'unico brano per mezzosoprano, mentre tutto il resto della cantata omonima è per coro e orchestra; una nenia funebre, mentre si vede un campo di battaglia pieno di cadaveri. In quel punto esatto, che lì era cantata da una cantante sovietica, Irina Archipova, in buoni rapporti con il regime, dalla platea si fece avanti un gruppetto di protestatari, dissidenti, gridando  'Libertà per Sharanski'. Fermai l'orchestra ed attesi che la polizia portasse fuori i protestatari. Ripresi dallo stesso punto ed ancora altri gridarono 'Libertà per Sharansky'. Ancora un pausa forzata, per fortuna la terza volta potei arrivare alla fine.  Devo confessare - dice il direttore - che quella musica non lascia indifferenti, con il suo carico di dolore, angoscia e protesta.
Poi Muti cita un film spagnolo, sconosciuto ai più, dal titolo 'El nido' del regista Arminan, nel quale - per tornare al tema dell'incontro - la musica è protagonista ed ispiratrice. Al protagonista del film,  nella testa risuona sempre una musica - nel caso specifico è 'La creazione' di Haydn - che egli, come la sentisse sempre, anzi la producesse anche, dirige, girando a cavallo nei boschi.
Dopo aver spiegato le diverse funzioni che la musica può avere nel cinema, da commento ad evocazione a sostegno ad autentica protagonista; Muti ha fatto qualche accenno polemico ai direttori d'orchestra che oggi 'sembrano nascere come funghi'. Una ragione c'è, ha spiegato: il direttore, a  differenza degli strumentisti o dei cantanti, può vendere fumo, in fondo lui dà ordini ma chi deve svolgere il lavoro, a dir il vero, è chi gli sta davanti e deve suonare, non lui.
Un secondo accenno l'ha meritato anche la musica 'contemporanea' che lui dirige regolarmente, anche a Chicago, ed ha sempre diretto - un obbligo per noi - in attesa che nasca il 'profeta', perchè purtroppo oggi la musica che si scrive muore immediatamente dopo la prima esecuzione. Il rapporto con il pubblico si è rotto da tempo, e tale vuoto l'ha riempito la musica di consumo: mentre la musica cosiddetta colta  va sempre più verso il difficile, la musica di consumo sempre più verso il facile, troppo facile, ma così è. C'è da sperare che i  numerosi innesti di popoli e tradizioni lontani da noi- s'è augurato Muti - porti nuova linfa nell'Europa che sembra ormai inaridita ed incapace di produrre qualcosa che abbia un vero seguito, e ristabilisca  i rapporti interrotti da tempo col pubblico. Applausi e saluti, dopo un'ora e mezza circa.
 Il tempo di tornare dietro le quinte, superprotetto dagli organizzatori, salire in macchina e via verso l'albergo, e la permanenza romana di Muti, alla larga dal Teatro dell'Opera, si conclude. E chissà se ci sarà un'altra volta e quando.

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