martedì 8 settembre 2015

Chi ne ha uno, chi nessuno e chi addirittura due, direttori artistici delle fondazioni lirico-sinfoniche

 E non da oggi, viene da chiedersi se davvero c'è bisogno nelle fondazioni liriche dei direttori artistici, considerato che alcune  pensano di poterne fare a meno. La struttura piramidale prevede al vertice il Sovrintendente il quale può avvalersi ( sarebbe bene ed opportuno che si avvalga, intende la legge!!!) di un direttore artistico, che è lavoro diverso da quello del sovrintendente. Di sovrintendenti ogni fondazione ne ha uno, ad eccezione di Cagliari - il più travagliato fra i teatri italiani - che al momento non ne ha nessuno, dopo l'uscita di scena di Angela Spocci per non 'aver superato i sei mesi di prova', mentre non tutti hanno un direttore artistico. Per tornare a Cagliari, tornerà Mauro Meli, che pur lasciando sempre dietro di sè una scia di debiti, il teatro lo fa funzionare? Riuscirà la Barracciu, protetta da Renzi e sottosegretario ai beni culturali ad imporlo per la terza volta a Cagliari, contro il parere del sindaco della città che, comunque, è dello stesso partito del sottosegretario?
 In tutti gli altri teatri la casella del vertice è per ora coperta, con qualche particolare anomalia: sovrintendenti che siedono in trono da troppi anni, Torino più di tutti, ed altri freschi di nomina, da Trieste, a Genova, a Roma ( sia al Teatro dell' Opera che all' Accademia di santa Cecilia), a Bari, a Bologna.
 Ci sono fra essi i casi  anomali di direttori artistici promossi sovrintendenti ( Biscardi a Bari; Sani, a Bologna) che mantengono ambedue gli incarichi, percependo un misero piccolo compenso che si aggiunge a quello di sovrintendente, nel caso di Bologna, mentre Bari risparmia anche su questo; e quello dell'Accademia di Santa Cecilia il cui sovrintendente, scelto fra gli accademici che, per statuto, dovrebbero essere musicisti ( ma non sempre lo sono stati anche nel recente futuro) e che, di conseguenza dovrebbe(?) saper svolgere anche il mestiere di direttore artistico, ma  dove tuttavia c'è un 'segretario artistico', un consulente, ed anche un direttore operativo, oltre naturalmente al direttore musicale, Pappano, risultando con ciò la direzione artistica più affollata d'Italia, mentre date le premesse, sarebbe dovuta essere quella più snella.
Da ultimo, il caso della Scala con  Pereira, nato direttore artistico ( a Zurigo, in verità direttore generale dunque l'uno e l'atro, e a Salisburgo) promosso sovrintendente che mantiene ambedue le cariche , avendo però al suo fianco una tostissima direttora generale, Maria Di Freda, un competentissismo e potente  responsabile dei cast ed una segreteria artistica  ben attrezzata.
E, del resto alla Scala, la prassi del sovrintendente-direttore artistico l'ha inaugurata Lissner, pur avendo al suo fianco Barenboim come direttore musicale, con diverso nome ufficiale ma con identica sostanza. Ora, anche con l'arrivo, nel 2017, di Chailly, direttore musicale ma già attivo a Milano, la prassi, ormai consolidata, non cambierà.
 Nei casi, che sono  numerosi, di assenza del direttore artistico, o nelle more della sua nomina, è presente nell'organigramma del teatro un 'segretario artistico',  talvolta competente quanto o forse più del direttore artistico in pectore o a venire, ma non ufficialmente con quell'incarico.
 E' il caso di Bologna, e fino a poche settimane fa di Napoli, dove ora è arrivato Paolo Pinamonti, fino al 2000 alla Fenice poi transitato per Lisbona e Madrid.
Posizioni regolari e complete si riscontano, oltre che da poco, a Napoli,  da più tempo a Venezia ( Chiarot, Ortombina), Palermo ( Giambrone, Pizzo), a Genova ( Roi, Acquaviva - da non confondere con Acquafredda, che è lo scrivente, direttore ed autore di questo blog), Torino ( Vergnano, Fournier-Facio), Verona ( Girondini, Gavazzeni).
In questa babele di situazioni, quando dovrebbe essere invece regolare e normale avere in ogni teatro oltre il sovrintendente,  anche un direttore artistico ed un direttore musicale ( al momento ne hanno uno solo Scala, Santa Cecilia, Massimo di Palermo, Gabriele Ferro, e Bologna, Mariotti; firenze con Mehta,  ma che è direttore a vita, non si sa per quanto tempo ancora, visto che comincia a girovagare per l'Italia come non ha mai fatto prima) è nata una figura presente solo in alcuni teatri, quella del direttore 'operativo', in assenza del direttore artistico e di supporto alla 'segreteria artistica', come a Firenze dove alle dipendenze del sovrintendente Bianchi, c'è Triola, e  Conte come segretario artistico; a Trieste c'è Tasca, in coppia con il sovrintendente Pace, ed a Cagliari,  dove è rimasto Marco Maineri come direttore della programmazione, dopo l'uscita di scena di Angela Spocci; all'Accademia di Santa Cecilia c'è Cupolillo che affianca sovrintendente, segretario artistico, consulente e direttore musicale.
 C'è infine l'anomalia, romana, della doppia direzione artistica, all'Opera, dove  lavorano contemporaneamente ma su due diversi tavoli, Battistelli, per consolarlo della cocente sconfitta a Santa Cecilia, e Alessio Vlad, che non si poteva mandare via in assenza di candidato alla successione, che non poteva essere Battistelli, perchè ha molto altro da fare, ma anche perchè il direttore artistico , stricto sensu ed a tutto campo, di un teatro, non avrebbe saputo farlo, come ha preso atto sul campo, a Verona, che ha dovuto abbandonare quasi subito.

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