giovedì 8 gennaio 2015

Je suis Charlie. A margine del gravissimo eccidio parigino

Combattiamo perché non scorra più sangue, ma battiamoci  perchè l'inchiostro  possa continuare a scorrere.
 Di fronte all'attacco ad uno principi fondamentali della nostra convivenza civile: la libertà di espressione, e di stampa nello specifico, alla condanna unanime e forte si deve far seguire, determinata, come la condanna, la difesa della libertà di stampa, nonostante il grave fatto di sangue nei cui confronti qualcheduno si azzarda ad esprimere riserve. Nulla deve far recedere dalla difesa delle principali libertà della società civile, prima fra tutte la libertà di espressione del proprio pensiero e delle proprie idee in ogni campo, anche se espresse  attraverso il mezzo graffiante della satira, ma salvaguardando il rispetto e la dignità delle persone.
 La legge in discussione questi giorni nel nostro Parlamento - per tragica coincidenza - relativa alla libertà di stampa, anzi alle modalità sanzionatorie dei giornalisti in caso di diffamazione, pur avendo cancellato del tutto l'onta del carcere come sanzione della diffamazione (che poi non sempre si rivela tale) insiste sulla rettifica immediata da parte dell'interessato - questa giusta - ma anche sulla sanzione pecuniaria come risarcimento alla diffamazione, sanzione che può arrivare anche a 50.000 Euro, ed il cui ammontare potrebbe fare desistere alcuni giornalisti dallo scrivere  su illeciti che conoscono ma che potrebbero costare loro una cifra superiore alle effettive disponibilità economiche.
 Questo vuol dire nei fatti una minaccia alla libertà di stampa. Molto meno  grave di quella messa in atto a Prigi - non c'è dubbio, non esiste nessun paragone, si tratta di grandezze imparagonabili - ma altrettanto forte da parte di chi detiene il potere e non accetta che chicchessia gli rivolga una qualunque critica.
 Ecco perchè, dopo aver condannato duramente l'eccidio parigino,  insistiamo sulla necessità di difendere ad ogni costo ed in ogni occasione e con ogni mezzo LECITO e CIVILE la libertà di espressione. Che purtroppo anche nella nostra società evoluta e democratica è spesso calpestata, limitata, negata.
Non ci si rende conto assai spesso della gravità di certe limitazioni, ma così facendo si  crea il terremo ideologico nel quale cresce e si sviluppa l'intolleranza verso chi la pensa diversamente da noi e che si vorrebbe mettere a tacere, senza neanche confrontarsi o discuterne.
Tale attentato alla libertà di stampa - liceat, una tantum, parva componere magnis ! - si esercita anche attraverso intimidazioni e prendendo sotto gamba, lasciandole correre, le espressioni di intolleranza di chi detiene il potere, in ogni campo, perfino in quello marginale, in fatto di pericolosità per fortuna, della critica musicale. Dove si  sente qualche volta il forte odore della censura esercitata attraverso atti intimidatori ed avvertimenti taciti. Dei quali, stoltamente, non si tiene conto, sottovalutandoli. Quando ti estromettono da certi ambienti perché rappresenti una voce stonata, stanno esercitando di fatto una censura che è manifestazione di intolleranza.
 Per questo abbiamo inondato mezza Italia di denunce per il grave atto intimidatorio esercitato dal direttore di un Istituto di formazione nei confronti di una rivista di musica, di cui è stata vietata la stampa, che aveva il solo torto di essere diretta da persona  invisa a quel direttore. Le nostre segnalazioni non hanno suscitato, pubblicamente, una ferma protesta, neppure da parte di associazioni di categoria che hanno nei loro statuti l'affermazione e la difesa della libertà di stampa ma che poi, nella pratica, fingono di dimenticarlo.
 Ancora più grave la circostanza che a volte il braccio attivo di tale censura è rappresentato da giornalisti al soldo di questo o quel potente di questa o quella istituzioni, senza eccezione per le istituzioni culturali , anche pubbliche.
 Occorre fare attenzione, non abbassare mai la guardia, perchè 'tutti noi siamo Charlie'.

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