martedì 14 ottobre 2014

Come un elefante, l'Italia. Lentissima, salvo che nella velocissima conferma di Vergnano al Regio di Torino

Qui non c'è  bisogno di tirare in ballo una delle virtù per le quali si apprezza quel monumentale animale che è l' elefante, e cioè la memoria del passato che, egli, a causa della mole e del passo lentissimo, conserva più di qualunque altro.
Il grosso animale, dimentichiamo per un attimo quella sua virtù, è noto anche  per il suo incedere lento, anzi lentissimo, ed è un difetto, salvo nei casi  in cui la visione di una possibile preda gli dà la carica.
L'Italia, se l'elefante ci consente il paragone, è un paese che non ha in pregio la memoria, la sua grande virtù, perchè ce l'ha cortissima ed è causa di tanti guai, ma del grosso animale invece imita la lentezza, il suo peggior difetto, senza poterlo giustificare con la mole, e nonostante che da molte parti venga sollecitato a muoversi più spedita.
 E il pensiero va al nostro Ministero, intendiamo quello della cosiddetta Cultura, retto da Franceschini (alias Nastasi) il quale è più lento ancora, se possibile, dell'elefante Italia, nell'assumere decisioni anche gravi ed urgenti; mentre solo  in rarissimi casi si muove come una gazzella: come quando, a distanza di quarantotto ore, stante la segnalazione del Consiglio di indirizzo del Teatro Regio di Torino, prontamente costituito prima di molti altri teatri italiani, di voler confermare come sovrintendente Walter Vergano per i prossimi cinque anni,  nonostante che  stia su quella poltrona già da 15 - di anni, ovviamente - ha immediatamente inviato la nomina sottoscritta da Franceschini al Sindaco di Torino, Fassino. Un favore 'espresso' fra esponenti del medesimo  partito, o il timore che,  qualora qualche tempesta dovesse abbattersi sul governo Renzi,  la frattura nel vertice del teatro, ricomposta faticosamente da Fassino, risulti inutile.
 Se il ministero usasse altrettanta sollecitudine e prontezza di intervento nel definire questioni urgenti e gravi  nel settore della cultura, il nostro paese sarebbe un bel passo avanti.
Per tornare a Vergnano, viene da domandarsi se una città od un paese non riesce a  trovare il sostituto del sovrintendente di un teatro, che regna lì già da 15 anni e che , fra cinque, sarà certamente il più longevo sovrintendente italiano.
 Salvo che Bruno Cagli, che aveva promesso di dimettersi prima della scadenza del suo mandato, probabilmente entro la fine di quest'anno quando i consigli di amministrazione devono trasformarsi in consigli di indirizzo, con nuove regole, e più diretta dipendenza e controllo del Ministero, non ci ripensi semplicemente perché non vuole, farsi sorpassare da un Vergnano qualunque nella durata in carica come Sovrintendente, visto che era l'unico fino all'altro ieri a contendere il primato al Conte di san Martino che aveva retto l'Accademia di Santa Cecilia, a lungo, agli inizi del secolo passato. Cagli stava quasi per eguagliarlo - in durata, s'intende - ma ora, per non farsi superare da Vergnano, sembra che sia tornato sui suoi passi - come ha fatto già altre volte - deciso a restare in Accademia fino alla fine dei tempi.

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