domenica 21 settembre 2014

Muti lascia Roma, ed è un addio; mentre Fuortes e Marino non sembrano in fondo tanto dispiaciuti. L'Opera di Roma resta una matassa difficile da sbrogliare

Da qualunque capo si voglia cominciare - da Muti o da Fuortes e Teatro, l'Opera di Roma resta una matassa difficile, se non impossibile, da sbrogliare. E la decisione dell'abbandono, di cui solo ora viene data notizia ufficiale, non è arrivata oggi. Ci aveva colpito, leggendo un inserto dedicato all'incipiente stagione teatrale nella Capitale, allegato sia a Repubblica che al Corriere, il fatto che Fuortes si presentava come amministratore delegato di 'Musica per Roma', mentre la presentazione della stagione dell'Opera veniva  fatta da un narratore impersonale, quando avrebbe dovuto essere il contrario. Muti la sua decisione di abbandonare l'Opera l'aveva già presa. E nella sua lettera, resa nota soltanto oggi, spiega le sue ragioni, tutte plausibili : in teatro non c'è un clima sereno e perciò  gli riesce difficile lavorarvi. Quando  gli animi si saranno rappacificati, e tutto filerà liscio come l'olio, allora si vedrà. Veramente questo è l'auspicio assai freddo di Marino e di Fuortes, ai quali preme soprattutto sottolineare che la nuova gestione ha azzerato l'enorme deficit lasciato da De Martino, sodale di Alemanno, di quasi 12 milioni di Euro, in un solo anno. Fuortes ha fatto il miracolo, ma ora soldi non ce ne sono più e il maestro Muti avrebbe dovuto abbassare le sue pretese in tutti i sensi - è quanto scrivono gli opinionisti della rete - la qual cosa non gli sta proprio bene, e lui decide di andarsene per dedicarsi  interamente - per l'Italia - alla sua amata 'Orchestra Cherubini'.
 Quali sarebbero le pretese del maestro in fatto di cachets, di allestimenti, di voci ecc.. non è dato sapere; e se si tratta soprattutto dei costi degli allestimenti, si sbaglia bersaglio, perchè a quel che sembra l'allestimento di Pier'Alli per 'Aida' sarebbe improntato alle cosiddette 'nozze con i fichi secchi'. Certo Muti a Roma, come altrove, non  lavora 'aggratis' - e , del resto, perchè dovrebbe? - ma con sè a Roma ha portato tutta la sua corte anche quella famigliare che certamente non è compresa nel pacchetto del suo cachet, insomma qualche malumore nei suoi confronti ci potrebbe anche essere. Ben poca cosa comunque in rapporto al prestigio che rende all'Opera la sua presenza, ma solo la sua, non certo quella di  Alessio Vlad,  che lui ha imposto,  come ennesimo atto di riconoscenza verso suo padre che lo portò a Firenze e che egli volle poi alla Scala.  Insomma una corte non pomposa e che non brilla di luce propria, la quale, se il principe rinuncia alla corona, si affloscia in un  minuto secondo. Morto un papa se ne fa un altro - ha scritto qualcuno in rete. Sì, è vero. Ma via Muti c'è qualcun altro nell'orizzonte degli attuali  governanti del teatro capace di sostituirlo senza intaccare il prestigio che la sua presenza recava al teatro? Dubitiamo. C'è chi ha paragonato,sbagliando, questa uscita di scena di Muti alla precedente, di una decina di anni fa, dalla Scala. No, perchè allora Muti aveva contro l'orchestra, che, a Roma, dichiara di non aver mai voluto protestare  contro il direttore e che mai e poi mai avrebbe fatto saltare una recita, neanche una, di Muti. Bugiardi. Perchè tale pericolo l'ha corso anche Muti, con Manon, con la tournée in Giappone e probabilmente l'avrebbe ancora corso  nelle settimane di preparazione di Aida. Basta esaminare il risultato del referendum, interno al teatro, al quale ha partecipato la metà circa dei dipendenti, orchestra e coro compresi, il che vuol dire che l'altra metà non condivideva l'accettazione del piano di salvataggio stilato da Fuortes. I sindacati protestano che loro sciopereranno eventualmente contro Fuortes, ed a scioperare sono soprattutto quelli della Fials e della CGIL- altra pagina del film surreale ' Renzi vince nonostante l'opposizione del PD'.
 A noi  fa più riflettere la risposta, ripetiamo: molto fredda, di Fuortes, Marino e Franceschini che non la lettera di Muti, scritta 'comme il faut', ineccepibile per chi non conosce altri risvolti.
 Ma adesso quali scenari si aprono? Fuortes,  non gradito a metà del personale del teatro come insegna il referendum, trarrà le sue conclusioni dimettendosi?  Oppure resterà mettendo in atto la sua rivoluzione e cioè portando all'Opera di Roma la sua squadretta che già abbiamo visto in azione ma che non ci ha entusiasmati? Già Fuortes in fatto di musica capisce ben poco; lui la squadra l'avrebbe già pronta,  l'ha schierata in campo ed ai bordi già a Bari, ma si tratta di una  squadretta. Non ci frega niente di ciò che scriveranno i giornali alla sua discesa in campo, non nutriamo verso molti gazzettieri  'fiancheggiatori dei vincitori per professione e convenienza 'la benché minima stima. Pensa forse di sostituire Vlad? farebbe bene, ma con chi? Con Gaston Fournier che già voleva imporre a Bari,  e che  oggi è libero, dopo la sua uscita dalla Scala? Cambierà anche il maestro del corpo di ballo, via Micha e dentro Eleonora che scalpita da parecchio per avere quell'incarico, anche se a noi sembra non in grado di sostenerlo, nonostante la sua giovane età ed avvenenza che non è pari alla sua competenza?  Via Muti e ci mette un giovane, magari Rustioni che sta a Bari ed anche a Firenze ( regno del consigliere di amministrazione Battistelli?) Per Fuortes sembra una cosa normale. Ma lui non la capisce, forse, la differenza; nonostante tutti i difetti del grande direttore. O forse la fine dell'anno, quando i consigli di amministrazione con nuovo nome:  consigli di 'indirizzo', dovranno ridisegnare la governance dei nostri teatri, a Roma viene, con l'uscita di Muti,  semplicemente anticipata di qualche mese?
Temiamo che la pubblicità che parla di 'grande opera' a roma, vada cambiata, con la 'piccola opera' nella nuova stagione del  Teatro dell'Opera di Roma Capitale. E che  il sito, dove si legge ancora il nome di Muti per 'Aida' e 'Nozze di Figaro', vada quanto prima aggiornato.

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