sabato 2 agosto 2014

All'Opera di Roma c'è l' ordine di tener su il morale della truppa

L'abbiamo scritto che non tolleriamo che vengano raccontate balle come quelle raccontate dall'Opera di Roma che fa sapere che tutto va bene, che le serate di questa estate a Caracalla sono tutte esaurite e che gli incassi sono alle stelle,  quando si sa che molte cose ancora non vanno; mentre noi vorremmo che tutto si appianasse in nome di una  normalità mai tanto desiderata, e che e si pensasse a lavorare con dedizione.
Ieri e oggi due diversi giornali tornano a cantare l'Opera di Roma, dove  si vede che c'è un corpo tecnico ed artistico che non ha eguali. Ma con quale faccia? Solo perché occorre  riaffermare che con la cura Muti - seppure a distanza e saltuaria - il teatro è irriconoscibile? Irriconoscibile lo è, ma forse nel senso opposto. Ieri la protagonista femminile del Barbiere, scoperta da Muti, che elogia il teatro nel suo insieme- si vede, diceva, che  ha una tradizione artistica preziosa che conserva gelosamente e mostra in ogni occasione; oggi lo dicono il regista del Barbiere, Mariani, e, se non andiamo errati anche Livermore, regista di Bohème, e perfino Rustioni, finalmente sul podio dell' opera pucciniana, dopo scioperi e cancellazioni. Sembra quasi che nei contratti di ciascuno degli artisti scritturati - non in quello generale dei dipendenti interni che ne dicono ad ogni occasione peste e corna - sia stata inserita la clausola 'parlar bene dell'Opera ad ogni costo'. Condividiamo il giusto spirito di corpo ( fra parentesi: molti anni fa noi che facevamo diverse trasmissioni per Radio 3 mettemmo in piazza alcune cose disdicevoli nella gestione di quella rete - c'era di mezzo, come al solito, la politica dei favoritismi; il nostro capo ci chiamò per dirci che condivideva, ma che 'i panni sporchi  di casa non si lavano in piazza'. E da quel momento -metà degli anni Ottanta - e fino ad oggi non abbiamo mai più lavorato a Radio 3; e neppure messo più piede neanche come ospite), ma quando lo si vuole esercitare per inneggiare ad una realtà che sembra più un carrozzone che  un teatro, allora, forse, è esagerato.
P.S.  Se ogni volta che parliamo dell'Opera di Roma, non scriviamo 'Teatro dell'Opera di Roma Capitale', scusateci. Lo facciamo solo perché quel nome è  troppo lungo, non perché l'Opera della Capitale non lo meriti o non ne sia all'altezza.

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