venerdì 21 febbraio 2014

Riccardo o dell'ultima spiaggia

Lo abbiamo detto e ridetto, scritto e riscritto. L'Opera di Roma non è il Petruzzelli di Bari, e Fuortes non avrà a Roma mano libera come a Bari, dove ha potuto mettere in piedi un teatro praticamente inesistente, partendo da zero e, apparentemente, senza grandi intralci. A Roma, uno dei teatri con un organico fra i più folti, ma con la produzione fra le più basse - capito Alemanno? - anche il buon amministratore Fuortes ha vita difficile. Perchè c'è un sindacato, anzi più sindacati che si fanno guerra  anche fra loro, annebbiando ancora di più un paesaggio nel quale già in condizioni normali non è facile trovare la strada giusta.
 E per questo,  tramite il solito Cappelli del 'Corriere',  Riccardo (Muti) manda i suoi avvertimenti all'orchestra ed al coro.  Se continuate con scioperi, veri o minacciati, io me ne vado. Dove, maestro? Sì c'è anche questo rebus. Perché se Muti avesse pronto un altro posto dove andare  e all'altezza del suo nome, ma in Italia, se ne sarebbe già andato.
 Ma l'avvertimento di Muti sta anche a dirci che Fuortes potrebbe arrendersi non riuscendo a governare il Teatro, troppo conflittuale e incapace di reagire alla crisi che le stesse maestranze hanno contribuito ad aggravare con il loro complice silenzio. In special modo quando, negli anni di De Martino, hanno taciuto per godere dei benefici, piccoli, che hanno portato a questo disastro, grande.
 Il Teatro dell'Opera di Roma è chiaro che non potrà fallire, sarebbe l'ennesima vergogna  e la beffa dopo il danno; perciò troveranno sempre il modo di tirarlo fuori dai guai, non si sa a quale prezzo.
Ma l'unica salvezza del teatro si chiama Riccardo Muti, Fuortes non può che fare il bravo ragioniere, controllando ogni volta i conti e dicendo, quando necessario, qualche no!
 A meno che, sull'onda delle fusioni fra istituzioni romane, come sembra stiano pensando di fare  Santa Cecilia e l'Accademia Filarmonica, non si pensi ad una fusione fra l'Opera di Roma e Musica per Roma che hanno già in comune  l'amministratore/sovrintendente e non è detto che non posano avere a breve anche la squadretta che Fuortes ha fatto spostare da Roma a Bari, ed ora ha  fatto rientrare alla base, perché lui senza la squadretta - qualche volta è davvero 'etta'- non si muove mai, perché nella musica non sa mettere insieme un 'do con un re'.
Se l'Opera di Roma si fondesse con Musica per Roma, cercata la nuova denominazione, si coronerebbe finalmente,  benchè a partita finita, un sogno di Alemanno:costruire nelle caserme di Via Guido Reni un teatro d'opera, da usare come seconda sala del Teatro dell'Opera (perchè insufficiente a contenere lo strabordante pubblico!!!) dandola in gestione a Musica per Roma che, pur avendo tre sale di diverse dimensioni,  non ne ha nessuna per ospitare il melodramma. Ma c'era una seconda ragione dietro il progetto di Alemanno, come s'è scoperto alla fine del suo mandato. In quel nuovo teatro d'opera, lontano dal Costanzi, ci voleva mandare  le poltrone del Costanzi, sbullonate, ad ogni recita,  per non mostrare al pubblico i vistosi vuoti, e consentire ai giornali  'amici' del teatro di gridare al 'teatro esaurito'.
 Riccardo Muti ha smentito Valerio Cappelli per le dichiarazioni attribuitegli, dichiarandole destabilizzanti e  mai uscite dalla sua bocca. Ed ha anche aggiunto che il costume di  far apparire come interviste regolarmente rilasciate, dichiarazioni mai fatte, deve finire. Bravo, Muti. Solo che doveva dirlo prima a Cappelli, suo quasi portavoce.

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