martedì 25 febbraio 2014

Famo a' capisse

Letta l'intervista di Cappelli a Muti, apparsa sul Corriere, abbiamo scritto di getto, ma qualche giorno dopo ci siamo dovuti correggere, per aver letto - questa volta sui siti del teatro e del maestro - che lui non aveva fatto nessuna dichiarazione a Cappelli, il quale ne avrebbe riferito, arbitrariamente, virgolettando frasi ed espressioni. Ed avevamo, dall'alto dei nostri anni di professione, stigmatizzato il malcostume di inventarsi le interviste, mettendo insieme frasi tratte da precedenti dichiarazioni, spacciate per l'ennesima volta come nuove, aggiungendovi solo mezza frase nuova davvero. Chi legge i giornali, anche i grandi giornali, sa bene quanto questo malcostume sia diffuso, diffusissimo.
 Oggi, infine, tutti i giornali, in coro e  all'unisono, riportano le medesime frasi che Muti aveva dichiarato di non aver mai detto,  definendole addirittura 'destabilizzanti', attribuendole al Maestro - come aveva fatto Cappelli, da Muti sconfessato. Scrivono che il Maestro, che ha continuato a fare regolarmente le prove della 'Manon', ha detto ad orchestrali e coristi che se continuano con questi scioperi, lui se ne va. Esattamente ciò che aveva scritto Cappelli. 'Famo a'capisse' - si dice a Roma: o le ha dette o non le ha dette; se le ha dette pubblicamente solo l'altro ieri, mentre in privato le aveva dette qualche giorno prima, la sostanza delle dichiarazioni non cambia. Probabilmente quelle rivelazioni mal digerite dai musicisti  sono servite agli stessi per cercare di stanare Muti e farlo venire allo scoperto. Ma lui ha dichiarato di volersi tenere fuori dalla mischia. Il casino dell'Opera è riuscito a stanare anche Alemanno che ha cantato, senza pudore, la sua gestione, dimenticando il piccolo particolare che se il teatro sta andando  a picco e rischia di affondare si deve proprio a lui, che ora si propone come 'salvatore e difensore dell'Opera'.
 Oggi a mezzogiorno, c'è stata la conferenza stampa degli scioperanti - che tutti i giornali sempre all'unisono quantificano in poche decine, su quasi cinquecento unità - a quanto ammontano i dipendenti del teatro. Non ne consociamo l'esito, ma i toni fanno presagire la catastrofe, del resto  annunciata come ormai prossima dal sovrintendente Fuortes che gli scioperanti dicono di non riconoscere.
 Il terremoto che sta squassando il Teatro dell'Opera di Roma ha prodotto già alcuni effetti esterni, uno su tutti balza subito agli occhi. Rita Sala, la nostra invidiatissima collega, 'Mutologa' del Messaggero, dopo aver cantato per qualche anno un eroe di cartapesta, come De Martino, ha rimesso ad altri colleghi la sua esclusiva  di 'Mutologa' . Negli altri giornali le cose sembrano invece andare sempre per lo stesso verso. Repubblica fa il solito panegirico non solo di Muti ma anche della Muti; e il Corriere torna con fosche previsioni a parlare del teatro che, per anni, ha cantato  e dei dirigenti che ha osannato.  Ed aggiunge una ricetta, estorta a Pappano, secondo il quale per mandare avanti un teatro ci vuole un 'direttore musicale' e un 'lavoro d'insieme', che l'Opera non ha; e  ciò vale anche per  il ruolo di Muti che non è direttore musicale, bensì 'direttore onorario a vita', dizione sulla quale solo noi abbiamo più volte scherzato, anzi ironizzato.

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