sabato 25 gennaio 2014

Muti orfano di Abbado


 Non vogliamo parlare delle rispettive carriere musicali, sulle quali  in questi giorni sulla base di  un copione unico, si sono esercitati tutti i giornali. Vogliamo, in questo caso, guardare ai due con gli occhi del cronista, non del critico musicale.
E, adesso, che faranno i giornalisti che periodicamente attendevano la chiamata di  Abbado per correre da lui e poi, una volta tornati in redazione, attendevano un' analoga chiamata da Muti? Perchè, se non lo sapete, le cose andavano esattamente così. I due si facevano una sorta di guerra a distanza,  da nemici di fatto, a dispetto di ciò che avevano in comune, come una coppia di fratelli (coltelli).
Differivano,  profondamente, per il diverso carattere:  chiuso, ombroso, quasi scostante Abbado, apertissimo,  compagnone, spiritosissimo Muti; e la diversa indole musicale: Muti più viscerale, natura di musicista; Abbado più  razionale, costruito con studio ed applicazione; ma anche per le famiglie d'origine: Abbado ha alle spalle musicisti, Muti liberi professionisti: suo padre era medico a Molfetta.
Ma ciò che li univa era molto di più di tutto quello che li ha divisi, in ogni senso. Innanzitutto l'aver iniziato da giovani una grande carriera, Abbado a Milano, Muti a Firenze; l'essere stati a capo di  orchestre di fama mondiale, da quelle londinesi per ambedue alle americane per Muti, mentre Abbado ha prevalentemente lavorato in Europa; il forte legame dei due, seppure con diverse modalità, con i Wiener.
E poi la Scala. Sembra un destino: ambedue vi sono rimasti come direttori stabili o musicali che dir si voglia per diciotto anni: dal 68 all'86 Abbado, dall'86 al 2004 Muti. Nessuno dei due è arrivato  alla soglia dei venti anni,  colonne d'Ercole di 'permanenza' che nessuno può superare indenne, e poi l'uscita di ambedue a seguito di forti contestazioni. La Scala 'madre' che aveva accolto i due giovani direttori nel suo grembo diventa 'matrigna', alla soglia della maggiore età (di permanenza): li  caccia fuori casa o se ne vanno sbattendo la porta, a seconda dei punti di vista. Anche se vien voglia di dire che  una permanenza così lunga alla fine stufa, ed impone, anche senza traumi, un ricambio.
Per ambedue l'amicizia con Napolitano. Abbado per  ragioni di comune militanza politica e forse di più lunga data, Muti per conterraneità campana, sebbene non bisogna mai dimenticare che Muti ha vissuto la sua giovinezza a Molfetta ed ha fatto i primi studi musicali al Conservatorio di Bari, proseguendoli a Napoli.
 Ciascuno dei due ha fatto concretamente terra bruciata attorno all'altro. Negli anni scaligeri quando c'era Abbado Muti credo non abbia mai diretto alla Scala - anche se di questa notizia non siamo così certi; mentre sappiamo bene che negli anni di Muti a Milano, Abbado  non vi ha mai più messo piede, nonostante  gli ipocriti appelli - Claudio torna! - specie dopo la malattia.
 Ambedue, sebbene la bilancia in questo caso penda a favore di Abbado, hanno dedicato belle energie ai giovani. Abbado ha inventato  parecchie orchestre giovanili di grandissimo pregio, ultima la Mozart, per la quale tutti  - speriamo non solo a parole - sembrano prodigarsi perché sopravviva al suo fondatore; Muti ha inventato la sua Cherubini. E negli ultimi tempi hanno  giocato anche a prestarsele,  per mostrare al mondo intero che  erano amici e che l'antagonismo di cui anche noi parliamo, è pura invenzione giornalistica e di costume.
 Ma anche in famiglia ci sono molte affinità: in ciascuna famiglia dei due direttori c'è un regista ed un operatore musicale che hanno operato (o operano) a stretto contatto con il patriarca. Per Abbado, Daniele il regista ed Alessandra  a capo di Ferrara Musica, organizzatrice delle tournée dei Berliner in Italia,  organizzatrice anche per la Mozart; per Muti, la figlia Chiara regista ed attrice, e sua moglie Cristina, a capo del Ravenna festival. E nessuno ci venga a dire, dopo morte, che Abbado non abbia fatto nulla per i figli, perchè direbbe il falso;  il che vale anche per Muti: Chiara e Cristina sono di casa all'Opera di Roma, dove lui resta il sovrano assoluto, anche dopo l'arrivo di Fuortes, chiamato a  mettere in sesto le disastrate finanze del suo regno.
 Adesso c'è un punto che  li diversificherà  e che mai potrà accomunarli:  morto Abbado, senatore a vita,  Muti non potrà  mai esserlo, prendendo il suo posto ( come si andava dicendo ed auspicando alla viglia della nomina di Abbado, dai suoi estimatori);  per ragioni di opportunità, ma anche perchè Muti non lo vorrebbe mai per...

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