giovedì 19 settembre 2013

Marino, la vendetta. Ma l'Opera va maneggiata con cura, c'è Muti

 Sembra  un film già visto. Cambia l'amministrazione comunale, cambia anche il colore e, naturalmente,  a tutti quelli che sono stati messi ai posti di comando dalla precedente amministrazione viene inviato il segnale che è ora che facciano le valigie e si preparino a sloggiare. L'aveva fatto Alemanno, in combutta con Nastasi, nei confronti di Ernani, allora sovrintendente, che si voleva tutti i costi mandare a casa, trovando accuse di comodo; ora quelle stesse accuse, magari con qualche dato oggettivo, possono ugualmente trovarsi contro Catello De Martino ed Alessio Vlad. Dal teatro, ufficialmente, non filtra ancora nulla,  ma  le notizie arrivano, più veloci dei comunicati stampa, dalle pagine del Corriere, a firma Valerio Cappelli , che arriva, comunque e sempre, prima dell'ufficio stampa di Filippo Arriva, il quale, per i tempi, si contenta del cognome.
Proprio oggi Cappelli scriveva, a proposito del prossimo giro di poltrone,  a firma Marino, che il sindaco non è contento nè della Festa del cinema - che vorrebbe forse far tornare sotto le ali di  Bettini e della sua corte, mandando a casa Muller- nè dell'Opera, per la scarsa produttività, a fronte degli enormi costi per il Comune. E già. Quando l'amministrazione è amica, i buchi non saltano mai fuori perchè li si tappano con soldi aggiuntivi. Lo faceva Veltroni,  per l'Auditorium che dai primi anni chiudeva in pareggio, se non addirittura in attivo,  l'ha fatto evidentemente Alemanno con l'Opera, mentre non l'ha fatto con l'Auditorium che restava nelle mani di un uomo per tutte le stagioni, della scuderia Veltroni-Bettini, che fa di nome Carlo Fuortes, amministratore delegato  dall'origine. Con Alemanno si cambiò il presidente di Musica per Roma, mandando a casa Borgna, troppo targato, e lasciandovi Fuortes che evidentemente sa nuotare in tutte le acque, a seconda dei casi, e può vantare, soprattutto, a causa  di tutte le attività non di spettacolo che l'Auditorium ospita nei suoi spazi, entrate cospicue. Ora il sindaco Marino non toccherà certamente l'Auditorium, nella persona di Fuortes, mentre vuole mandare a casa il presidente che non ha intenzione di schiodare. Ma all'Opera? Lui dice, secondo quanto ha scritto Cappelli,  che sicuramente registra umori  e notizie anche dall'interno del teatro, che l'Opera costa molto e produce poco. Esattamente ciò che tutti pensavano e pensano, ma che nessuno denuncia, per il timore di far scappare Muti anche da Roma, dopo di che è facile immaginarsi il declino del teatro. Forse sottovoce, lentamente Marino si appresta a venire a patti con Muti, senza irritarlo, ma potrebbe chiedere che gli attuali amministratori, con tutto il loro codazzo, abbandonino il campo.
Muti li difenderà al punto da legare al destino degli attuali amministratori anche il suo? Oppure alzerà la voce, ma senza sgolarsi, esattamente come fece in favore di Ernani fino a quando rimase a Roma?
In un altro caso, quello del Palazzo delle esposizioni e delle scuderie del Quirinale, collegati, Marino non ascolti i consigli di Veltroni, che vorrebbe al vertice di quelle prestigiose istituzioni un suo fedelissimo, Giorgio Van Straten che già fece transitare a Roma per l'Agis, la Rai e poi spedì a Firenze al Teatro del Maggio e fece dimettere poco prima che scoppiasse il bubbone del buco di bilancio, sotto la sua gestione, a seguito della cui scoperta, arrivò il salvatore Nastasi, che ripianò  quella voragine, preparando il terreno per altre trivellazioni  e conseguenti buchi.

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