sabato 29 giugno 2013

La fatica di chiamarsi Muti. La gioia di chiamarsi Dudamel

Senza ironia.  Nessuno, se non c’è passato, può capire quanto siano di ostacolo certi nomi, come ad esempio Muti, in riferimento a Chiara Muti, attrice ed ora anche regista, figlia di Riccardo, ‘direttore d’orchestra fra i più celebri del mondo’ e di Cristina Mazzavillani ‘affermata regista d’opera’, come  ha chiosato Leonetta Bentivoglio di Repubblica. Chiara, inizia la sua carriera di attrice almeno una quindicina di anni fa, se non di più. Fa la sua gavetta, prima di debuttare nel festival di mammà, a Ravenna. Fosse stata una qualunque altra attrice, avrebbe debuttato molto prima, appena sbocciato il suo talento. Poi il papà, uscito dalla Scala,  il 2 aprile 2005,  dirige sicura la sua prua verso Roma -  anche se le modalità dello sbarco sono tuttora avvolte nelle nebbie - e Chiara   fa la sua comparsa di attrice protagonista in una pièce teatrale di Azio Corghi,  maggio 2005,  proprio nella stagione dell’Opera, dove, successivamente, arriva anche Cristina, la mammà, affermata regista d’opera, in un lavoro di  Adriano Guarnieri, nel 2007 -  a Ravenna,  la signora Muti ha fatto, seguito, la trilogia popolare verdiana. Poi Chiara fa il grande salto nella regia,  di nuovo a Ravenna, nel festival di mammà, con papà sul podio, nella ‘Sancta Susanna’ di Hindemith - che presto sbarcherà a Roma, sempre che le gerarchie ecclesiastiche non pongano qualche veto; infine  - e questa  è cronaca recente, dell’inizio estate -  Chiara viene  chiamata per una regia ‘barocca’ a Caracalla: ‘Didone e Enea’ di Purcell, nella ‘Palestra orientale’ delle grandi terme - un luogo  raccolto, duecento spettatori a sera, per quattro sere, nel più elitario dei festival estivi,  che, per decenni, è stato tempio della saga popolare melodrammatica.  ‘Chiara a Caracalla’ o ‘Chiaracalla’ nello slang romanesco, è perciò l’avvenimento dell’estate 2013, come ha sottolineato Repubblica. Annunciato a distanza ( Leonetta Bentivoglio intervista Chiara, il 24 maggio 2013);  una seconda volta - ma non è che la prima intervista,  leggermente mutata - per il ‘magazine’ dell’Opera, diretto da Filippo Arriva ( il magazine si chiama ‘Oro’- come poteva altrimenti, dovendosi per modestia evitare: ‘Oro colato’?) in uscita il 6 giugno. L’avvenimento si avvicina e ‘Repubblica’ ci torna sopra, sempre con un articolo/intervista della Bentivoglio in data 13 giugno, giorno dell’esordio. In verità, a quella data ‘Repubblica’ canta in coro con gli altri giornali: la figlia del grande direttore esordisce nella regia a Caracalla. Ecco l’handicap di chiamarsi Muti. Con un altro cognome, il suo debutto registico anche a Roma sarebbe avvenuto molto prima. La sera del debutto, giovedì 13 giugno, la ‘Palestra orientale’ è abitata dai 200 fortunati, come anche la seconda sera - niente giornalisti gratis e neppure biglietti omaggio, per non far torto alle migliaia di spettatori che avrebbero voluto assistervi.  Sabato 15, penultima recita, scende di nuovo in campo ‘Repubblica’ - fatto davvero inusuale, perché da mesi il quotidiano riunisce, senza eccezioni, le recensioni musicali, formato tascabile, in un paginone domenicale (anche l’applauditissmo ‘Ballo in maschera’ di Verdi diretto da Pappano, ha dovuto attendere i canonici settegiorni) -  che dedica all’esordio di Chiara mezza pagina degli spettacoli, sul ‘nazionale’, perchè l’avvenimento dell’estate non passi inosservato (con Repubblica, se ne occupa, benchè con spazio molto molto minore, solo ‘Il Tempo’; mentre ‘Il Messaggero’ lo recensisce senza entusiasmo ). L’attacco della Bentivoglio è ‘Applausi (tanti)’. Poteva andare diversamente? 
Lo stesso giorno, sabato 15 giugno, sempre su ‘Repubblica’, il ritorno a Roma di Dudamel, a Santa Cecilia per chiudere la stagione, passa sulla ’romana’. A firma Bentivoglio, sulla ‘romana’, esce una ‘intervista esclusiva’-  come si legge sul quotidiano. L’intervista occupa quasi una pagina intera, con foto gigante. Le parole virgolettate, tutte le parole virgolettate sono le seguenti : ”Venni in tournée con l’orchestra Simon Bolivar per un concerto nel vecchio auditorium di via della conciliazione” - racconta in questa intervista ‘esclusiva’… si insiste sull’esclusiva per dargli il giusto peso - “tornai a Santa Cecilia nel 2005 a dirigere l’orchestra ceciliana, e lì prese il via la mia carriera internazionale”. Prima risposta ‘esclusiva’. Seconda: “Oggi mi divido tra la California e Caracas, dove sono direttore a vita della Simon Bolivar. Sono questi i miei due impegni fondamentali, con rare eccezioni, come i Berliner Philharmoniker, con cui collaboro da anni, e i Filarmonicia di Vienna, incarnazione della somma tradizione austriaca. Quando mi trovai  a dirigerli per la prima volta, nel 2007, tremavo come una foglia, ma dopo tre minuti ci adoravamo”. Terzo virgolettato:” Non ci rinuncerei mai ( alla Bolivar, ndr). L’età degli orchestrali della Bolivar  va dai 16 ai 25 anni, l’entusiasmo che  vi si respira é inimitabile, tutti hanno cominciato a far musica da piccoli, il senso del team è travolgente e non si smette di compiere tante scoperte insieme”. Quarto ed ultimo virgolettato:” L’Europa è il fulcro di un patrimonio d’arte a cui tutti aspiriamo. Ma l’America latina è una terra ricca di nuove energie. Da voi europei impariamo molto, ma nel nostro sangue scorre più vitalità: ogni volta che eseguiamo Beethoven è come se la sua musica fosse stata scritta la settimana scorsa”. Fine  dell’esclusiva, relegata  purtroppo nelle pagine ‘romane’ per non mancare, prima e dopo, l’avvenimento dell’estate, il debutto come regista per l’Opera di Roma, a Caracalla, di Chiara Muti, davanti a 200 selezionatissimi spettatori a sera, che per quattro sere consecutive fanno 800 spettatori che hanno tutti, regolarmente, pagato il biglietto di 30 Euro.
Verso la fine di giugno, Leonetta Bentivoglio presenta nel foyer dell’Opera di Roma, il suo volume su Giuseppe Verdi, ‘ Il mio Verdi’, “scritto per il bicentenario della nascita del musicista” - si legge nell’informatissimo sito dell’Opera di Roma. Solo che si tratta del volume con lo stesso titolo uscito presso le edizioni Socrates nel 2000, in occasione del centenario della morte di Verdi, riedito da Castelvecchi nel 2013, per il bicentenario della nascita.

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